lunedì 13 novembre 2023
Presentato a Roma nell'ambito del MedFilm Festival il cortometraggio "The dreamers" firmato dal regista Alessandro Galassi che racconta la resistenza delle giovani a cui è proibito studiare
Un frame del docufilm "The dreamers"

Un frame del docufilm "The dreamers" - A.G.

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«Noi siamo le sognatrici, noi teniamo vivo il sogno. Sappiamo che tutto questo un giorno finirà… ». Le parole di Zarifa, intonate sottovoce perché anche la musica è proibita, segnano la speranza delle ragazze e delle donne afghane: che la notte dei diritti finisca presto, e sorga l’alba di una ritrovata libertà. È il messaggio lanciato da “The dreamers - Afghan women’s resistance”, il docufilm che il documentarista e regista Alessandro Galassi ha girato nel Paese asiatico con Avvenire e che è stato presentato domenica sera in una affollatissima sala del cinema Savoy, a Roma, nell’ambito della rassegna cinematografica MedFilm Festival.

L’intenso cortometraggio, della durata di 17 minuti, documenta l’attività delle “scuole segrete” nel distretto di Bamyan, a nord-ovest di Kabul: aule semiclandestine, o meglio tollerate dalle amministrazioni taleban locali perché sostenute dai consigli degli anziani, che offrono lezioni di inglese, informatica, matematica e scienze a 900 ragazze. Adolescenti che sono state ufficialmente escluse dal sistema scolastico formale con uno dei primi editti dell’Emirato dopo la presa di Kabul nell’agosto 2021.

Un frame del docufilm 'The dreamers'

Un frame del docufilm "The dreamers" - A.G.

«Può lo sguardo di un uomo occidentale cogliere la forza di queste giovani donne che hanno scelto di trasformare il proprio corpo, la propria intelligenza, la propria voglia di vivere in resistenza quotidiana? È la domanda che mi ha accompagnato per tutto il viaggio - ha spiegato il regista, nel dibattito al Savoy introdotto dalla fondatrice del MedFilm Festival, Ginella Vocca -. La risposta è venuta nell’incontro con loro. E da un dettaglio, apparentemente insignificante. Queste ragazzine ascoltavano “The dreamers” della band coreana Bts, come mia nipote qui a Roma. Nessun regime, nemmeno il più liberticida, può togliere alle adolescenti la capacità di sognare».

Sognano queste studentesse abusive. Non da sole però. Ed è per questo che i loro sogni condivisi si fanno gesti quotidiani. I volti non compaiono mai nel docufilm. A narrare le ragazze e la loro scuola “che non c’è”, ufficialmente, sono voci, mani, piedi. Una necessità dettata da ragioni di sicurezza che diviene scelta di stile. La luce impalpabile dei monti dell’Hindu Kush sottolinea le movenze delle ragazze che conferiscono al racconto un carattere onirico. Un sogno collettivo. Un sogno resistente. Il filo conduttore di “The dreamers” è proprio la resistenza. «In realtà penso che avrò un futuro bello, perché mi impegno molto - sussurra una studentessa - . E sono sicura che questa situazione non durerà all’infinito, tutto cambierà».

Alessandro Galassi

Alessandro Galassi - Ufficio Stampa MedFilm Festival

«In tutto il mondo le donne hanno dovuto lottare per i loro diritti. In Afghanistan, la nostra è la generazione del sacrificio. Ci tocca combattere. Non sarà invano. Sono convinta che chi verrà dopo godrà i frutti del nostro impegno», ha sottolineato Madina Hassani, rifugiata in Italia e operatrice di Nove caring humans, da decenni in prima linea per la tutela delle afghane. «Noi ci siamo e continueremo ad esserci - ha aggiunto Flavia Mariani di Nove -. Perché è nel tempo della difficoltà che, più di ogni altro, si deve stare». Per seminare, con la pazienza di attendere il raccolto. «Che arriverà, ne sono convinto - ha detto Khaled Ahmad Zekriya, ambasciatore in Italia della Repubblica afghana, cioè del governo pre taleban, poiché l’Emirato non è riconosciuto dalla comunità internazionale -. Dobbiamo, però, prepararci. Creando un’alleanza con tutte le intelligenze afghane sparse nel mondo. E abbiamo necessità che i media ci accompagnino nel processo».

Un momento della presentazione del docufilm 'The dreamers'

Un momento della presentazione del docufilm "The dreamers" - Ufficio Stampa MedFilm Festival

Proprio sull’importanza dei media si è concentrato l’intervento di don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana, che sostiene le scuole narrate nel docufilm in cui studiano duemila studenti e studentesse in 4 distretti del Paese grazie a un’ong locale, già attiva prima del 2021 che, con il ritorno al potere dei taleban, non ha voluto rinunciare a dare una speranza alla generazione oggi in pericolo di analfabetismo. E, grazie alla capacità di mediazione con le autorità locali e nazionali, va coraggiosamente avanti.

Anche Avvenire ha contribuito a sostenere le “scuole che non ci sono”, destinando ad esse le donazioni del progetto #avvenireperdonneafghane avviato l’8 marzo 2023. «Siamo orgogliosi di avere dato il nostro contributo - ha dichiarato il direttore generale Alessandro Belloli -, fedeli all’impegno di illuminare le zone d’ombra della realtà. Tutto è cominciato con una campagna giornalistica e di solidarietà, poi è arrivato il podcast, un libro di testimonianze (“Noi afghane. Voci di donne che resistono ai talebani"”, con Vita e pensiero, ndr), del docufilm, e ora del calendario per il 2024. Altre iniziative verranno. Perché continueremo a dare voce all’Afghanistan».

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