venerdì 2 dicembre 2016
L’avvocato Colombo analizza in un libro gli aspetti legali del matrimonio descritto nell'opera «Madama Butterfly» di Puccini. «Secondo la legge giapponese l’americano Pinkerton non poteva divorziare»
«Cio Cio San vince in aula di tribunale»
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In base a quale diritto va analizzato il matrimonio fra Pinkerton e Butterfly? Quello giapponese o quello americano? Poteva davvero Pinkerton divorziare unilateralmente da Butterfly? E che ne è, giuridicamente parlando, del loro figlio? A queste e altre domande dà risposte precise, ma anche accattivanti, una nuovissima pubblicazione, L’avvocato di Madama Butterfly (O barra O, pagine 68, euro 7,00) scritta da Giorgio Fabio Colombo, docente di Diritto comparato presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Nagoya, in Giappone. «Una sera conversando con due colleghi giapponesi appassionati d’opera mi è venuto in mente di analizzare la Madama Butterfly di Puccini dal punto di vista giuridico – racconta dal Giappone l’avvocato milanese –. Puccini e i suoi librettisti, Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, hanno fatto qualche errore per colpa delle fonti». L’avvocato Colombo si riferisce al racconto di John Luther Long Madama Butterfly del 1898, ispirato a Madame Chrysantème del 1888, racconto autobiografico dell’ufficiale di marina francese Pierre Loti (pubblicato sempre da O barra O col titolo Kiku-San la moglie giapponese; pagine 178, euro 14,00). «Il libretto di Puccini si apre con la dicitura “Nagasaki oggi” – aggiunge –. Io mi sono basato sulla data della prima scaligera, il 1904. Il Giappone attraversa un cambiamento in quel periodo, mentre Puccini fa riferimento a un diritto premoderno in cui il marito poteva abbandonare la moglie e per questo divorziare. Uno spunto dal fascino esotico, ma non realistico». Dunque, i fatti. Pinkerton, ufficiale della Marina degli Stati Uniti, giunge a Nagasaki e grazie a un intermediario giapponese contrae matrimonio con una quindicenne locale, di famiglia benestante decaduta. Ma, mentre Pinkerton dichiara pubblicamente che non ha intenzione di legarsi in matrimonio, bensì di abbandonare la sposa e sposarsi nuovamente in America, Butterfly prende sul serio le nozze, si converte al cristianesimo e per questo viene abbandonata famiglia. E dopo poche settimane anche da Pinkerton, che torna tre anni dopo a riprendersi il figlio avuto da Cio Cio San: e lei, disperata, si uccide. «Il Giappone del 1904 aveva già un diritto modificato in base a un codice civile ispirato al modello tedesco – prosegue l’avvocato –. Il diritto di famiglia è adattato al Giappone ed è un diritto di famiglia patriarcale e maschilista, ma non al punto di ammettere il divorzio per abbandono». Ma il matrimonio fra i due era valido? «Il matrimonio per essere valido va celebrato secondo il rito giapponese e tutti gli elementi perché sia valido ci sono: c’è il consenso della famiglia per la ragazza minorenne, c’erano i testimoni e la registrazione del matrimonio fatta da un ufficiale imperiale». Poteva, quindi Pinkerton divorziare unilateralmente? «No, non aveva un motivo valido – è convinto Colombo –. Il figlio è americano perché in base alla legge giapponese dell’epoca il figlio di una suddita giapponese e di uno straniero acquisiva la nazionalità del padre. La giovane però avrebbe vinto in tribunale: avrebbe potuto ottenere la dichiarazione di nullità del secondo matrimonio di Pinkerton, la sua incriminazione per bigamia e supporto economico per lei e il figlio. Ma Butterfly non voleva nulla di tutto ciò: voleva solo essere amata». E se Cio Cio San vivesse oggi?. «Il diritto di famiglia del Giappone contemporaneo è basato sull’uguaglianza dei coniugi, ha una serie di cause per il divorzio, ma nessuna di quelle di Pinkerton sussisterebbe – conclude –. Butterfly ha avuto un ruolo determinante nel formare l’immaginario occidentale sulla donna giapponese, sottomessa, obbediente e devota. Non è proprio così, nella vita civile, mentre in effetti il Giappone ha un bassissimo livello di partecipazione delle donne alla vita politica ed economica».

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