sabato 4 agosto 2018
I tappi a corona con le figurine dei campioni del ciclismo hanno una federazione nazionale e un campionato italiano. Con gran premi della montagna, tappe a cronometro
Simone Rossi impegnato in una gara di ciclotappo

Simone Rossi impegnato in una gara di ciclotappo

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“Ziccaddata” in Calabria, “stagnariello” in Campania, “cricco” in Emilia Romagna, “stuppagliu” in Sicilia. In Italia il tappo a corona – quello delle birre e delle acque minerali – prende decine di nomi diversi. Per Simone Rossi, lodigiano, è indubitabilmente “tegina”. Simone è il più giovane campione italiano di ciclotappo, titolo conquistato nel 2016. È come le buone vecchie corse di “tollini”. Un tappo, la figurina di un ciclista, una sequenza di colpi che richiedono tecnica, precisione, potenza, tenuta psicologica. Ma al posto della pista improvvisata con il gesso, una struttura che simula asfalto e pavé, bagnato e gran premi della montagna.

Simone ha 18 anni ed è anche il presidente della delegazione lombarda della Federazione italiana giuoco ciclotappo. La Federazione, nata nel 1993 per intuizione del giornalista e vignettista Gualtiero Schiaffino, organizza un vero e proprio campionato nazionale. La prossima tappa di questo Giro d’Italia sui generis, la sesta, sarà domani a Livraga, un piccolo centro della bassa lodigiana, dove Simone vive: perché il profumo d’altri tempi della gara di “tappini” sembra resistere meglio in provincia.

«Il gioco è diffuso prevalentemente nel Nord Italia – racconta Simone Rossi – Toscana, Emilia, Liguria, Lombardia, Piemonte... I giocatori “professionisti” attivi sono una trentina. A questi nelle varie tappe si aggiungono giocatori locali che si cimentano in una singola gara. A Livraga ce ne saranno sicuramente una decina almeno». Chi volesse provare si presenti alla tradizionale festa rionale di San Fermo, ore 14.30 davanti alla chiesa di San Bassiano. Oppura tra una settimana (domenica 12: qualifiche alle 11, corsa ufficiale alle 15), ad Aosta all’interno di GiocAosta, “scudlin” in mano.

«Il tappo deve corrispondere a determinati requisiti tecnici – spiega Simone – foggia, peso, diametro e così via. Il peso non non può superare i 3,5 grammi, il diametro i 3 centimetri. I ciclotappisti però possono personalizzare il tappo, ognuno a modo suo: stucco, plastilina, c’è chi mette le monete o i feltrini per le sedie. Il tappo più pesante ha infatti più stabilità e aderenza, specie in curva. Sul gran premio della montagna però il tappo più leggero prende bene il volo e ha più slancio».

C’è insomma una preparazione tecnica del mezzo: «Molti ciclotappisti hanno diversi tappi e prima della gara fanno un test per scegliere il tappo più adatto». I “segreti” non finiscono qui: «I dentini della corona, ad esempio: se sono più stretti fanno meno male alle dita e rispondono meglio ai giochi di sponda. Il tappo nuovo, poi, è meno usurato e quindi più veloce in pista. Ma in una pista senza sponde potrebbe essere meglio un tappo che fa più attrito…».

Nel dare il colpo al tappo con lo schiocco (ma anche qui i termini locali fioriscono) del dito si riescono dare rotazioni ed effetti. «Anche questo è un punto da non sottovalutare: man mano che si tira il dito si “rovina” e quindi sulla lunga distanza è necessario dosare la forza e alternare le dita». Il ciclotappo può essere una vera prova di resistenza: «Le gare infatti durano dalle 2 alle 3 ore e mezza; la gran fondo arriva fino alle 7 ore».

Come nel ciclismo, anche qui non mancano le specialità. C’è il campionato italiano a punti, quello su gara unica (vinto da Simone), quello gran fondo. Il chilometro da fermo, la tappa a cronometro, l’inseguimento. La “Cima Coppi” prevede tornanti a salire e scendere. Il velodromo? Un temerario giro della morte. «Un percorso è lungo intorno ai 50 tiri – spiega ancora Simone – una pista con tutte le difficoltà si aggira tra i 50 e 60 metri. Ogni delegazione, che cura anche il proprio campionato regionale, prepara la propria e la fa omologare dalla Federazione».

Simone Rossi è il più giovane ciclotappista in assoluto, poi si salta ai 40 e soprattutto 50-60 anni. Omoni che “schiccherano” sulle “agrette”, felici come bambini. Ma non per questo sono meno agguerriti, anzi: «La delegazione toscana ha un campo di allenamento e una società sportiva, la Tappino Tour». Fondata nel 2011, la compagine di Piano di Mommio, in Versilia, a suon di “biscotti” e “nocchini” da tre anni è la dominatrice incontrastata del campionato: «C’è una squadra maschile e una femminile, con un allenatore che prepara e seleziona chi scende in campo».

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