Piero Chiambretti, conduttore di “Tiki Taka” in onda lunedì in seconda serata su Italia 1 - Fotogramma
Piero Chiambretti sta alla televisione, come Claudio Sala, sta al dribbling. Il “Poeta del gol”, è uno dei suoi idoli del Torino tricolore di Gigi Radice. Ultimo anno di grazia, lo scudetto granata della stagione 1975-’76. Aveva vent’anni allora il futuro Pierino la peste dell’etere. Figlio d’arte per ramo materno, la gozzaniana signora Felicita, poetessa e autrice di canzoni, che è volata via da poco, causa Covid, nei giorni in cui anche il figlio era ricoverato in ospedale, positivo anche lui al virus.
«Negli ultimi tempi mi ero inventato editore delle raccolte di poesia di mia madre – racconta Chiambretti – . La poesia l’ha aiutata a vivere più a lungo, e il ricavato dei suoi libri sono serviti a fare un po’ di beneficenza. Mamma Felicita è stata la mia prima tifosa, presenza fondamentale e a tutto campo, anche per la mia carriera televisiva, cominciata quasi quarant’anni fa». Provino in Rai – leggenda vuole – presentandosi in mutande, nell’82, ed esordio nell’83, su Rai 1, nel programma quotidiano Forte fortissimo TV top, condotto assieme a due evergreen, come lui, del piccolo schermo: Barbara d’Urso e Gigi Marzullo.
Da allora, Chiambretti ha guadato con successo tutti i canali, pubblici e privati, passando dal ruolo di Portalettere per recapitare la cartolina di Andrea Barbato, allo Zecchino d’Oro, fino al concertone del Primo Maggio. In mezzo, festival di Sanremo, Markette Supermarkette e Chiambretti Night. Ora, una sorta di “ritorno al futuro”, mediante il calcio: domani in seconda serata debutta su Italia 1 da nuovo “mister” di Tiki Taka. Programma ereditato dal “the voice” delle telecronache, Pierluigi Pardo.
Ma scusi Chiambretti, lei un talk a sfondo calcistico lo aveva già condotto nella lontana stagione 1989-’90, su Rai3, Prove tecniche di trasmissione.
Infatti, un programma che purtroppo non ricorda quasi mai nessuno. Eppure da quello sono nati almeno 25 “format-cloni” che sono poi proseguiti nel tempo. Noi invece pensammo di aver esaurito il filone in un solo anno. La formula innovativa, poi stracopiata, era quella di fare intrattenimento con moderata dissacrazione del calcio, al solo scopo di renderlo più umano.
A Tiki Taka rispolvererà la formula del “palleggio e dileggio”?
No, cambio pelle. Mi trasformo in un conduttore superpartes. La battuta, la satira non dovrà mancare, ma sarò altrettanto attento a rispettare il calcio che è oppio dei popoli, metafora della vita o come diceva Pasolini «l’ultima rappresentazione sacra del del nostro tempo». Punto a una conduzione quasi tecnica, unita alla brillantezza del conduttore di lungo corso.
Tradotto, un Chiambretti distante dal “pardismo” e molto più vicino al Pressing di Raimondo Vianello?
Sono due conduttori assai diversi e che godono del mio massimo rispetto. Pardo è il miglior telecronista italiano, ha avuto il merito di condurreTiki Taka in un momento storico in cui il calcio, come tutta la società, ha dovuto adeguarsi alla grande rivoluzione tecnologica. Vianello, sempre citato e indicato come modello di uomo preso dallo spettacolo e prestato al calcio, con Pressingha sicuramente avuto grandi meriti, ma per onestà di cronaca parliamo di una trasmissione di trent’anni fa... Poi abbiamo assistito a un proliferare di programmi basati su calcio e intrattenimento.
Abbiamo anche assistito al dominio per niente lodevole del “giornalismo-tifoso”.
La mia fede calcistica è arcinota e la manifesto anche nello spot di presentazione di Tiki Taka. Ma la mia vuole essere una provocazione per stanare quei “tifosi mascherati” che fingono di non tenere per nessuna squadra e giocano nel ruolo dei bravi imbonitori. Questi sono i più pericolosi, diffidiamoli. Molto più onesto e affidabile il “tifoso dichiarato” che è consapevole, come il sottoscritto, che il tifo sano vuol dire malattia, ma questa ha anche le sue controindicazioni. Perciò nel mio Tiki Taka ben venga la polemica, senza telerissa. Mi aspetto certo un Mughini nei panni di avvocato difensore della Juventus, a patto che lo faccia con onestà intellettuale, tipo riconoscere che la passata stagione per i bianconeri è stata comunque fallimentare, anche se hanno vinto il 9° scudetto di fila...
Sta invocando un ritorno alla «tv-verità», coniata dal suo ex direttore e pigmalione Angelo Guglielmi?
La televisione è finzione, il problema attuale è che spesso si manda in onda “qualcosa di più di ciò che è”. La Rai3 del settennale di Guglielmi è stata unica e irripetibile. Il servizio pubblico per la prima volta entrava per documentare e raccontare in presa diretta: negli ospedali, nei palazzi della politica, nelle case e le botteghe degli italiani o negli spogliatoi dei campi di calcio. Per questo Guglielmi è, e sarà sempre, un direttore da “Pallone d’Oro”, per due motivi: perché se lo merita, in quanto finissimo intellettuale che non disdegnava il “basso” culturale e sapeva sublimarlo trasformandolo in “alto”, e poi per avermi concesso l’opportunità di esprimermi e di diventare ciò che sono oggi.
Tornando a Tiki Taka, squadra fatta o è ancora alla ricerca di qualche rinforzo?
Il mercato per noi è aperto per tutta la durata della stagione, quindi 30 puntate. L’obiettivo è fare molto turnover: ogni settimana parte del gruppo lascerà il posto ai panchinari che a loro volta diventeranno titolari, e viceversa. Sono favorevole al cambiamento del modulo a partita in corso, così da creare l’effetto sorpresa e svariare per imprimere ritmo e velocità al programma.
Abbiamo scoperto che con Silvio Berlusconi avete in comune una sola cosa: gli inizi professionali, entrambi avete lavorato sulle navi crociera.
È un’esperienza che hanno provato anche Paolo Villaggio e Fabrizio De Andrè, quindi un buon viatico per fare delle carriere importanti – sorride – . Il Cavaliere ne ha fatta una di tutto rispetto, ma io nei miei 12 anni a Mediaset mi sono sempre rapportato con suo figlio Pier Silvio, ed è lui che mi ha fortemente spinto a intraprendere questa nuova avventura di Tiki Taka.
Quando era a La 7 ha lavorato con Urbano Cairo, il presidente del suo Torino. Un giudizio sull’editore e sul patron granata?
Quando ero a La 7 Cairo gestiva la pubblicità, era l’uomo marketing, abile e capace, così come lo è come editore. Quando poi è diventato il proprietario de La 7 più volte ci siamo incrociati e assieme abbiamo accarezzato l’idea di lavorare insieme, ma la cosa non si è concretizzata. Come presidente del Torino sta vivendo un periodo di forte contestazione da parte dei tifosi, ma io li invito a riflettere: quando Cairo è subentrato, la società era in bancarotta e a rischio cancellazione. L’aspetto positivo è che in questi anni il Toro ha risanato la società, ha valorizzato molti calciatori e Giampaolo potrà allenare ancora dei campioni come Sirigu, N’Koulou e Belotti. L’aspetto negativo è che non vinciamo niente da tanto tempo. E un vecchio granata come me può solo vivere di ricordi, di quando negli anni ’70 non solo i derby con la Juventus ce li giocavamo ma li vincevamo pure.
Ci ha lasciato anche Gianni Mura che era solito leggere il destino del campionato dalla “Palla di lardo”, vuole provare anche lei?
Beh la Juve parte sempre favorita anche quando non lo è. Ma il vero avversario da battere sarà il “bubbone”... il Coronavirus. Lo scudetto lo vincerà chi manterrà la rosa più “sana” da qui alla fine del campionato. Gianni Mura manca al giornalismo sportivo e mi sarebbe piaciuto tanto averlo come opinionista in trasmissione. Così come ho sempre sognato di ospitare per parlare di calcio scrittori del calibro di Giovanni Arpino, Gianni Brera, Mario Soldati e un fuori categoria, a me molto affine, come Beppe Viola.
Pronti per il calcio d’inizio: ma con stadi e studi vuoti. Cosa dobbiamo aspettarci?
Resto ottimista. Confido in un pronto ritorno alla normalità, a una vita senza mascherina, in cui ci si possa abbracciare e stringere la mano senza paura. Sogno uno studio di Tiki Taka con il pubblico e stadi nuovamente pieni, perché il calcio è passione. E la passione è il miglior termosifone per l’inverno che verrà.