giovedì 31 maggio 2018
Che spazio hanno questi monumenti in una società che marginalizza il messaggio cristiano? Come reinterpretare la loro centralità? Se ne parla al XVI Convegno liturgico internazionale di Bose
La facciata della cattedrale di Notre Dame a Parigi

La facciata della cattedrale di Notre Dame a Parigi

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Al centro della città e idealmente al cuore della società contemporanea, le cattedrali di cosa oggi sono segno? Sono reliquie preziose di un tempo tanto glorioso quanto passato? Segni ostentati delle pretese trionfaliste di una cristianità ormai scomparsa? Come conciliare la loro centralità spaziale con la progressiva marginalizzazione del messaggio cristiano nelle società occidentali come nei comportamenti degli uomini e delle donne di oggi? Come coniugare le loro monumentali dimensioni con la lenta erosione dell’appartenenza alle comunità cristiane e della presenza alle assemblee liturgiche? Siamo forse costretti a guardare alle nostre cattedrali come a delle immense navi spiaggiate alle quali è venuto meno il mare in cui navigare? In definitiva, il segno della cattedrale è oggi diventato insignificante?

Di fronte a queste impietose quanto inevitabili domande non può venir meno la piena convinzione che la visibilità delle nostre cattedrali è ancora portatrice di un messaggio per la società di oggi. La loro presenza al cuore delle città è tutt’oggi memoria della prossimità della comunità cristiana alla comunità umana. Le loro dimensioni segno della vocazione non settaria ma multitudinista della Chiesa. Infine, ma non per ultimo, la loro qualità architettonica e la loro bellezza artistica sono la più eloquente parola sulla natura e il fine della rivelazione cristiana. “Cattedrale” è vocabolo che evoca da sé solo per il popolo cristiano le radici e l’eredità della sua fede, la testimonianza della storia e il centro simbolico della chiesa diocesana.

Per i non credenti è un riferimento alla cultura e alla storia, per il turista, per l’esteta e per lo storico un luogo la cui visita offre sempre scoperte ed emozioni. Per lo Stato e i suoi organi un monumento unico da conservare e un patrimonio artistico peculiare da valorizzare. Pertanto, la vocazione prima di una cattedrale non è quella di essere un museo di opere d’arte o di custodire un tesoro, né di essere una meta turistica o una prestigiosa sala di concerti. Sebbene possa e debba essere anche tutto questo, la cattedrale è innanzitutto la chiesa madre, il centro spirituale e liturgico della chiesa locale, il luogo dove è posta la cattedra del vescovo in mezzo alla sua diocesi. La cattedrale è stata e resta l’espressione della fede di un popolo che nel corso dei secoli ha apposto il sigillo del suo tempo in funzione della sua cultura religiosa e del suo genio artistico.

La prima vocazione alla quale la città contemporanea appella la cattedrale è quella di essere presenza, in altre parole di continuare a esserci e assumere il senso dello stare al centro, lì dove la storia l’ha posta. Al cuore dello spazio cittadino, la cattedrale non è solo nella città ma è con la città. In senso figurato essa abita la città insieme ai suoi abitanti, come un simbolo il cui significato deborda ampiamente il suo valore religioso e la sua funzione cultuale. Se la centralità della cattedrale non è più in alcun modo l’emblema della pretesa della Chiesa di fondare e ordinare l’intero mondo sociale, se lo stagliarsi della sua figura nello skyline della città non è di certo l’immagine di un potere spirituale incontrastato, affermare che il primo compito della cattedrale al cuore della città e della società contemporanea è quello di esserci, significa essere fino in fondo consapevoli del valore della presenza, della semplice e nuda presenza. La presenza basta a se stessa e, a maggior ragione, la forza e l’intensità della presenza di un edificio storico e di grande valore architettonico e artistico come è una cattedrale.

Se crediamo all’efficacia e all’eloquenza dei luoghi, degli spazi, degli edifici e delle architetture non fatichiamo a comprendere che il semplice esserci della cattedrale al centro della città svolge il compito di ricordare che anche una società secolarizzata non può recidere le sue radici religiose. In Europa la civiltà cristiana è tramontata ma le cattedrali restano. Restano come testimoni di una storia religiosa e culturale che non può essere dimenticata, ignorata né tanto meno rimossa, ma che deve essere conosciuta e interiorizzata. La presenza della cattedrale al cuore della città contemporanea è un appello a ricordare non solo che la dimensione spirituale nelle sue molteplici forme ed espressioni è costitutiva di ogni essere umano, ma anche che la stessa convivenza umana, il tessuto quotidiano delle relazioni, la costruzione dei valori condivisi e la ricerca del bene comune necessitano della componente spirituale.

Tra gli edifici e gli spazi pubblici della città, la cattedrale ha vocazione a essere uno spazio altro che è figura dell’esistenza di una dimensione altra della vita. Per questo, la sua presenza connotata da una particolare bellezza architettonica e artistica invita a entrare per accedere e aprirsi a un’altra dimensione del vivere. Percorrerla nell’interezza della sua profondità può condurre a comprendere che l’esistenza umana necessita di un orientamento, uno scopo, un fine, una meta. La cattedrale sta al centro della città per ricordare che quando l’umanità perde la dimensione spirituale smarrisce una parte non accessoria ma essenziale di se stessa, per questo la vocazione oggi della cattedrale al centro dello spazio pubblico è quello di ricordare in modo silente che il messaggio cristiano è ancora oggi una risorsa di umanizzazione. Questo è il primo compito della cattedrale oggi nella città contemporanea, quello della presenza, che non è occupare il posto centrale, ma rispondere alla vocazione del cristianesimo di stare al centro della vita umana, là dove la vita ogni giorno pulsa.

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