In una mostra il sacro che unisce tra fede e storia

Roma, Villa Medici: da Gentile da Fabriano a Chagall, una mostra esplora i luoghi simbolici del sacro tra cristianesimo, ebraismo e islam
October 12, 2025
In una mostra il sacro che unisce tra fede e storia
“Ur Salim” di Ryan Yasmineh
È un’opera in olio su tela, Ur Salim, realizzata dal 29enne palestinese Rayan Yasmineh e conservata nella Collezione Dollo-Paulin a Parigi, a rappresentare il filo rosso della mostra “Luoghi sacri condivisi. Viaggio tra le religioni”, allestita dal 9 ottobre al 19 gennaio 2026 all’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, che l’hanno ideata e prodotta insieme al Mucem (Musée des civilisations de l’Europe et de la Méditerranée) di Marsiglia e all’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede. Curata da Dionigi Albera, Raphaël Bories e Manoël Pénicaud, l’esposizione comprende oltre un centinaio di opere provenienti da tre continenti, che abbracciano circa due millenni di storia, suggerendo una sorta di itinerario del sacro che spazia da Gentile da Fabriano a Chagall, con prestiti eccezionali dei Musei Vaticani (come il Fronte di sarcofago con storie di Giona, datato tra la fine III e l’inizio IV secolo), del Museo Ebraico di Roma, del Maxxi, del Louvre e dello stesso Mucem, dove l’allestimento ha visto la luce per la prima volta nel 2015, per poi iniziare a girare il mondo cambiando “pelle” ogni volta per rinnovarsi e adattarsi ai diversi contesti in cui è sbarcato, declinando in maniera più efficace il tema di fondo.
L’idea della mostra è scaturita dal desiderio dell’antropologo Dionigi Albera, direttore di ricerca presso il Cnrs (Centre national de la recherche scientifique) e fra i curatori dell’esposizione, di «trasporre i risultati di una ricerca condotta in ambito accademico con altri colleghi (“I luoghi sacri comuni ai monoteismi”, pubblicata in italiano da Morcelliana, ndr) e trasporla in una forma accessibile a un pubblico molto più vasto, diverso rispetto a quello dei saggi, parlando anche al cuore e alla sensibilità e non solo all’intelletto». Così dalla Francia la mostra è migrata a richiesta non solo in Europa, ma anche a Salonicco, Istanbul e Ankara, New York, a Marrakech per l’inaugurazione del Museo delle Confluenze e a Tunisi, che l’ha voluta per la riapertura del Museo del Bardo, teatro di un sanguinoso attentato terroristico il 18 marzo 2015, «proprio per lanciare un messaggio di dialogo e tolleranza».
"Natività nel deserto", Istanbul, 1595 circa (copia XXI secolo)Fronte di sarcofago con storie di Giona, fine III - inizio IV secolo, Musei Vaticani
"Natività nel deserto", Istanbul, 1595 circa (copia XXI secolo)
Il percorso espositivo si dipana in sette sezioni (Città sante, Il mare, Il giardino, La montagna, La grotta, Oggetti erranti, Architetture) che rappresentano «alcuni archetipi spirituali comuni alle diverse religioni e non solo, luoghi caricati di senso a cui l’umanità si rapporta attribuendo loro una dimensione spirituale: il mare, ad esempio, evoca il pericolo della traversata e il bisogno di un aiuto soprannaturale». E il tema del salvataggio miracoloso viene affrontato da Gentile da Fabriano nella tavola in tempera e oro Scomparto di predella con Storie di San Nicola: il Santo salva una nave dal naufragio, datata 1425 e conservata nei Musei Vaticani. Ancora, il Santuario della Madonna di Porto Salvo a Lampedusa è stato un sito di venerazione per cristiani e musulmani: oggi l’isola sembra aver rinnovato «l’antica vocazione di luogo di condivisione e di incontro pacifico», sottolinea Albera in un saggio del catalogo in francese e italiano, co-edito da Villa Medici, che oltre ai testi dei curatori ospita contributi inediti di autori e specialisti. Fra loro, la direttrice dei Musei Vaticani Barbara Jatta richiama la «topografia della convivenza» proposta dalla mostra, e rimarca: «Il Mediterraneo è ricco di santuari, di edifici religiosi, di spazi di preghiera che raccontano una storia diversa, dove l’ospitalità esclude l’ostilità, la fiducia prevale sulla diffidenza, la ricerca verso ciò che unisce si impone sulla sottolineatura delle differenze».
Tornando alle sezioni, quella dedicata alla grotta «rievoca raccoglimento, separazione dal mondo vissuta dagli eremiti» il giardino fa pensare al paradiso dell’Eden ma pure a quello del Corano «ed è anche legato alla Madonna, definita hortus conclusus nella Vulgata latina». Trionfa anche in Ur Salim, “Città della pace”, dipinta nel 2022: «Sullo sfondo, il paesaggio della Gerusalemme terrestre che evoca quella celeste, mentre gli alberi di arancio e quercia insieme a fiori e frutti dai colori lussureggianti sono ispirati ad arazzi medievali e al repertorio delle miniature persiane. Emerge la doppia identità dell’artista – ha padre cristiano, madre musulmana sciita –, incarnando questo travalicare le frontiere tra religioni».
In un’intervista, Yasmineh ha dichiarato esplicitamente: «Le storie dell’Antico Testamento o della Torah sono anche le mie tradizioni e la mia cultura».

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