Altan e la Pimpa: «Ha 50 anni e vede ancora il mondo a pois»
Il fumettista e autore satirico ci fa entrare nel suo studio per spiegarci mezzo secolo della cagnolina divenuta idolo dei bambini

I segni che portiamo dentro di noi a volte assumono la forma dei pois rossi del manto del cane che più abbiamo letto ed amato da bambini. È un cane vivace, quanto la Pimpa, quello che scondinzola libero tra le rovine romane di Aquileia, lì ad un passo dalla “cascina delle fiabe”. «Questa era la casa del nonno», dice accogliendoci nel suo studio-pensatoio il “papà” della Pimpa, il maestro assoluto dell’arte fumettistica e satirica Altan.
Arriviamo il giorno dopo il suo 83° compleanno, anche se per lui, grazie a questa cagnolina che definisce «eternamente curiosa, quanto generosa e le due cose spesso vanno assieme», il tempo si è fermato al 1975. L’anno di nascita della Pimpa, uscita fuori «con gli occhi psichedelici, stralunata e non bella, ora è più carina, e ha sempre 5 anni», sottolinea Altan - da uno di quei momenti di paternità prestati al gioco con la figlia, Kika.
Dopo essere stato per antonomasia il “fumetto per bambini”, cartone animato (diretto dal genio de “La Linea” Osvaldo Cavandoli e poi dal mago dell’animazione Enzo D’Alò), spettacolo teatrale per l’Archivolto di Genova, ora è diventato un musical prodotto da Fondazione Aida. Pimpa il musical a pois, con la messa in scena di Altan e la regia di Enzo D’Alò, comincia il suo viaggio musicale («le musiche bellissime sono di Eleonora Beddini») in almeno 40 tappe: il 5 ottobre a Bassano del Grappa e il 12 sarà al Teatro Manzoni di Milano dove aprirà la sezione family.
Milano è anche la città dove è nata la Pimpa quando Altan fece rientro dal Brasile. Ma come c’era finito a Rio de Janeiro?
«Ci andai seguendo il regista Gianni Amico, grandissimo amico di nome e di fatto. Con Gianni in Brasile collaborai a diversi film, uno sulla musica popolare brasiliana e un altro che si intitola Tropici. Sono stati anni intensi quelli brasiliani, ed è lì che ho incontrato mia moglie Mara Chaves, scenografa e costumista, con cui sono sposato da più di cinquant’anni. Poi, tornato in Italia mi dissero di far vedere i miei disegni a un argentino, Marcelo Ravoni, e così mi presentai alla sua agenzia, Quipos. Ravoni è diventato il mio agente, l’editore della Pimpa e fino alla fine è stato anche il mio secondo grande amico di una vita».
«Di ritorno dal Brasile, dove facevo cinemae conobbi mia moglie,nel 1975 giocando con nostra figlia Kikainventai la Pimpa che è rimasta a 5 anni,sempre curiosa e generosa»
Ma la sua prima storia, apparsa su Linus, era quella di un personaggio “mistico”, Trino.
«Niente di mistico, né di religioso, Trino è un po’ la storia dell’evoluzione darwiniana con una specie di padrone che commissiona a Dio la creazione del mondo. Credo che sia andata davvero così? No, io non credo, la penso come Buñuel: per grazia di Dio sono ateo».
Però quando pubblica l’altra storia, Drin, apparsa su “Rinascita”, credeva nella militanza e nel cambiamento sociale.
«Era un’epoca in cui era difficile non partecipare e prendere posizione. I movimenti politici e di contestazione a 25 anni mi interessavano parecchio, così come oggi per mestiere seguo l’attualità. Ma l’attualità è ingombrante e mi stanca, così mi sono sempre un po’ rifugiato nelle storie fantastiche, lavorando sulle favole di Gianni Rodari fino alla Pimpa».
Nella Pimpa viene da cantare alla Gaber: “Per fortuna che c’è l’Armando”, lui è il papà single e il padrone della cagnolina.
«Il nome dell’Armando viene da quelle parti lì, così come il suono del mio Cipputi me lo deve avere ispirato il Cerutti Gino della Ballata del bar del Giambellino sempre di Gaber. Armando certo sono un po’ io e nel fumetto rappresenta la sicurezza. La Pimpa, disponibile a parlare con tutto ciò che la circonda dopo una giornata randagia torna a casa e trova sempre lui, l’Armando».
La Pimpa rappresenta la sicurezza anche per milioni di bambini che la leggono da 50 anni a questa parte.
«Vero, anche se i suoi lettori oggi stanno abbassando l’età media che un tempo arrivava anche a 78 anni. Adesso incontro bambini di 5 anni che mi dicono: “La Pimpa la leggevo quando ero piccolo” – sorride -. Il telefonino è sicuramente il maggior responsabile di questo cambiamento, in peggio, ma c’è di buono che la Pimpa continua ad essere tramandata di padre in figlio».
Anche la sua “tuta blu”, l’operaio Cipputi, nasce nel 1975. Ma come ha fatto a conciliare la satira politica con la Pimpa?
«Cipputi e la satira da quotidiano sono il mio pane, la Pimpa rappresenta da sempre il rilassamento e la ricerca dell’armonia. Così, come ho potuto dare pieno sfogo alla fantasia e alla ricerca storica con le biografie di Cristoforo Colombo - che mi ha fatto capire che disegnare era il mio destino -, Casanova e San Francesco».
«Anche il mio operaio Cipputi è nato nel 1975.Ora è in pensione ma quando lo chiamoper risolvere i problemi basici,esce fuori con la sua saggezza,quella che non hanno i politici di oggi»
Il suo san Francesco, pubblicato nel 1982, lo ha chiamato Franz.
«Un nome affettuoso, fraterno. A me piacciono i francescani, sono delle persone serie. Ho grande ammirazione per la figura di san Francesco e quando feci Franz per scriverlo mi sono documentato a fondo. I francescani apprezzarono, vendevano il libro nella Basilica di Assisi e allestirono anche una mostra a Milano».
C’è qualche altro personaggio storico da cui avrebbe voluto trarre un libro?
«Dante Alighieri. Feci un tentativo, poi ho capito che il Poeta che ha attaccato tutti era inattaccabile per farne un libro. Ho dovuto rinunciare. Potrei riprovare? No, oggi non ho più le energie, quei lavori storici prendono tanto tempo e costano parecchia fatica».
Torniamo a Cipputi, scusi ma oggi che la classe operaia è sparita lui cosa fa tutto il giorno?
«Cipputi è in pensione da un po’, però quando lo vado a chiamare per risolvere problemi basici, tipo la Costituzione, lui esce fuori con la sua saggezza e viene in soccorso del mio Uomo qualunque e di sua moglie Luisa. Purtroppo ormai non incontro più, come accadeva un tempo alle Feste dell’Unità, l’operaio che si avvicinava e mi diceva convinto: “Signor Altan, Cipputi sono io!”».
Il suo Uomo di sinistra nei giorni scorsi ha fatto discutere con la striscIa in cui il papà che imbocca il figlio dice: «Mangia, pensa ai bImbi di Gaza”, e il figlio risponde: “Sono morto?».
«Questa tragica storia di Gaza, al di là di ogni ideologia, è una strage assurda. Quella vignetta mi è uscita di pancia, come tutte le vignette che faccio da una vita lavorando sull’impatto emotivo che deve essere forte, per me e per chi legge. Le cose troppo ragionate alla fine diventano degli articoli e non hanno la stessa forma delle battute della striscia Il segreto del mio mestiere? Lavorare per sottrazione».
Com’è fare satira politica oggi?
«È più complicato, perché i politici di adesso tendono a fare tutto da soli, dicono, si contraddicono e poi si fanno scivolare tutto addosso. Io ho sempre avuto più attenzione per chi li elegge piuttosto che per gli eletti. Vent’anni fa disegnai una vignetta dopo le elezioni vinte da Silvio Berlusconi in cui i due uomini di sinistra si incontravano e uno diceva: “Poteva andare peggio?” e l’altro rispondeva: “No”. A rileggerla ora era fin troppo ottimistica, è andata molto peggio. Oggi la politica mi nausea, non c’è più idea, prospettiva, e mi dispiace soprattutto per i giovani come mia nipote Olivia (come la paperina della Pimpa) che cercano e non trovano punti di riferimento».
Il suo amico Staino per la sua satira mordace, specie con Bobo, collezionò censure e schivò querele, a lei come è andata?
«Meglio di Sergio. Nessuna censura e ho preso una sola querela. Avevo scritto “Mediaset condan-nata”, mentre si trattava della Fininvest. Ci furono due processi: il primo perso, poi nel secondo siamo usciti bene grazie all’avvocato di “Repubblica”».
A lavorare a “Repubblica” chi la chiamò?
«Ezio Mauro, nel 2000, grandissimo direttore. Però Eugenio Scalfari ci aveva provato già nell’81 quando Forattini andò via da “Repubblica”, ma allora fui costretto a declinare l’offerta. Gli dissi che non ce la facevo ad andare tutti i giorni fino alla stazione di Udine, a 40 km da qui, per spedire fuori sacco la vignetta. La risposta di Scalfari fu disarmante: “Ma non sai che hanno inventato il fax?”».
La tecnologia che impatto sta avendo sul suo lavoro?
«L’intelligenza artificiale è un problema che lascio volentieri ai posteri. Ho provato a disegnare sulla tavoletta, l’iPad, ma ci metto il doppio del tempo rispetto a quando uso questo: il foglio di carta, il pennarello Pentel 60 per la Pimpa e la Pilot per tutto il resto».
Altan, ma cosa si aspetta dal futuro? «Me lo immagino con la consapevolezza che, come dice un vecchio proverbio brasiliano, il santo di casa non fa mai il miracolo. Tradotto: nemo profeta in patria. Ho capito che alla mia età fare un passettino in meno ti mette nella condizione di non sforzare più i tuoi limiti... Mia madre diceva che da bambino “litigavo con il vento”, adesso non ci litigo più. Ma qui arriva la bora, e quella mi agita, parecchio». «Anche il mio operaio Cipputi è nato nel 1975. Ora è in pensione ma quando lo chiamo per risolvere i problemi basici, esce fuori con la sua saggezza, quella che non hanno i politici di oggi» Il fumettista e autore satirico Altan, 83 anni, qui nel suo studio-pensatoio ad Aquileia
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