sabato 4 gennaio 2020
In un’epoca in cui la storia dell’uomo era considerata strettamente collegata agli eventi celesti, come non pensare che la discesa di Dio in Terra non venisse annunciata anche dal cosmo?
Di Sandro Botticelli - I MAESTRI DEL COLORE - 8 - Botticelli ; Fabbri 1963, Pubblico dominio

Di Sandro Botticelli - I MAESTRI DEL COLORE - 8 - Botticelli ; Fabbri 1963, Pubblico dominio - Wikimedia

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«Ed ecco: la stella che avevano visto in oriente li precedeva, finché non andò a fermarsi sopra il luogo dove si trovava il bambino». Notte magica e affascinante quella descritta da Matteo che, puntualmente a ogni Epifania, ci rapisce richiamando memorie d’infanzia, quando la nostra innocenza ci faceva vivere quel racconto come fossimo testimoni presenti, così come quello immediatamente successivo, la strage degli innocenti, ci terrorizzava angosciandoci quasi dovessimo metterci in salvo dal Re Erode. La vivida potenza del racconto è tale che non ci dobbiamo meravigliare se molte volte astronomi e studiosi si siano sforzati di individuare il fenomeno celeste del racconto di Matteo, dando per scontato che si tratti di un evento accaduto in coincidenza con la nascita di Gesù: una supernova, una rara congiunzione di pianeti, una cometa, come quella riprodotta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova.

Inutile ripetere, alla luce della moderna esegesi, quanto siano futili tali ricerche; non solo futili, ma anche dannose perché distolgono l’attenzione dalla vera domanda che tutti noi dovremmo porci nel rileggere quel passo del Vangelo: qual è il motivo che ha indotto Matteo, unico tra gli evangelisti, a collegare la nascita del Salvatore a un evento cosmico riconoscibile dagli scienziati del suo tempo?

Doveva essere noto che gli astronomi babilonesi, i Magi d’oriente, da più di un millennio osservavano e annotavano i fenomeni astronomici cercando di riconoscerne le regolarità evidenti, come il moto dei pianeti, o quelle più recondite, come il ripetersi della successione delle eclissi di Sole e Luna esattamente ogni 18 anni e 10 giorni. Una conoscenza che dava il potere di prevedere i fenomeni, anche quelli straordinari e terrificanti come l’oscurarsi del Sole e della Luna.

In un’epoca in cui la storia dell’uomo era considerata strettamente collegata agli eventi celesti, come non pensare che la discesa di Dio in Terra non venisse annunciata anche dal cosmo così come dai cori angelici? Era evidentemente difficile per Matteo accettare la decisione del Figlio di Dio di nascere in incognito, di non «ritenere un privilegio» la sua origine e di «svuotarsi (eautòn ekénosen) assumendo la condizione di servo», come riconoscerà più tardi l’apostolo Paolo. L’esperienza della Croce, quando Gesù stesso sembra ribellarsi alla propria scelta («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»), dovrebbe darci la corretta chiave di lettura del racconto dell’Epifania e farci desistere da ogni tentativo astrologico di ricerca della "vera" cometa. Quest’anno però il Cielo ha deciso di inviarci una speciale cometa di Natale, un messaggero che può farci riflettere sul significato cosmico dell’Incarnazione.

La cometa 2I/Borisov, scoperta nell’agosto scorso dall’astrofilo ukraino di cui porta il nome, passerà alla minima distanza dalla Terra proprio in concomitanza dell’Epifania: non è però una cometa comune, come per esempio la cometa di Halley che nel suo passaggio del 1302 ispirò Giotto. La sua orbita ci rivela infatti che essa non appartiene al nostro sistema solare, arriva a noi dalle profondità dello spazio interstellare, probabilmente da un sistema planetario simile al nostro, orbitante attorno a una stella simile al Sole. Nonostante l’origine extrasolare, le sue caratteristiche fisiche e la sua composizione chimica sono paragonabili a quelle delle nostre comete: ulteriore evidenza che l’Universo evolve in modo omogeneo e uniforme, producendo ovunque gli stessi elementi costitutivi.

Osserviamo dunque emergere in tutto il cosmo le medesime strutture (galassie, stelle, pianeti...) con caratteristiche comuni, e, nonostante sia prematuro affermare che anche la vita e la coscienza si siano sviluppate in altri luoghi e in altri tempi, può essere utile pensare con umiltà che non abbiamo il privilegio di essere unici. Conseguentemente, l’incarnazione e la rivelazione non avvengono solo per noi, ma, anche attraverso noi, si realizzano per la salvezza di tutto l’Universo. Ce lo ricorda Papa Francesco nella Laudato Si’: «Il traguardo del cammino dell’universo è nella pienezza di Dio, che è stata già raggiunta da Cristo risorto, fulcro della maturazione universale... Lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio, in una pienezza trascendente dove Cristo risorto abbraccia e illumina tutto».

La cometa extraterrestre di questo Natale fa risplendere questo passo dell’Enciclica, ricordandoci che noi tutti siamo parte attiva di una storia cosmica e che sta a noi (e alle possibili altre coscienze cosmiche) diventare co-creatori dell’Universo, rinunciando a ogni pretesa di dominio irresponsabile sulle altre creature e sull'ambiente. Anche se la nostra azione sarà necessariamente limitata alla Terra e - forse - al Sistema Solare, è particolarmente pregnante inserirla in un contesto universale, trasformando così le nostre conoscenze cosmologiche in sapienza.

Immaginare che la stella di Natale brilli, nel passato e nel futuro, in altre Terre e altre Galassie, cosicché anche alle eventuali coscienze aliene, dotate di intelligenza, venga annunciato di essere state create per amore, potrà apparire scandaloso ad alcuni custodi della tradizione. Ma, come ha sottolineato Papa Francesco nel suo recente discorso alla Curia Romana, «la tradizione è la garanzia del futuro e non la custodia delle ceneri». Auguriamoci che la piccola cometa, prima di abbandonare per sempre il nostro sistema solare, ci lasci questo messaggio di coraggiosa apertura verso un futuro che abbracci ogni cosa, visibile e invisibile, nell’amore universale.

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