giovedì 11 marzo 2021
Il racconto surreale in presa diretta di un malato di Sla che ottiene la sospirata vaccinazione ma vede ancora esclusi i familiari. Ed entra con loro in un labirinto di telefonate, email e portali
«Vaccini a noi pazienti fragili (e a chi ci assiste), un tunnel burocratico»
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Dopo una girandola infinita di proteste, promesse, ordini, contrordini e annunci andati avanti per mesi, anche noi "persone super fragili" – ho la Sla – siamo state inserite nella lista degli aventi diritto prioritario alla vaccinazione. E con noi i nostri caregiver. Così martedì 2 marzo arriva finalmente dalla Regione Lazio l’avviso con le modalità per prenotarsi, a partire dal giovedì successivo: compilare un modulo online, disponibile già dalla mezzanotte, mentre i caregiver dovranno chiamare un numero dedicato, disponibile dalle 7.30 del mattino. A mezzanotte del 4 marzo mia figlia entra nel sito, e prenota. Risposta immediata, prima dose il giorno dopo, seconda il 26 marzo presso il centro vaccinale scelto. Tutto perfetto? Così sembra.

Il mattino dopo, all’ora prevista, mia moglie chiama il numero dedicato, prende la linea al venticinquesimo tentativo ma non riesce a prenotare, in quanto «la Asl non ci ha trasmesso ancora i dati di suo marito», cioè non risulto come super fragile, aggiungendo però che «vedrà, si tratta di un disguido di poche ore, se non la richiamiamo noi o la Asl, riprovi lunedì». Il venerdì siamo alla Casa della Salute per il vaccino. Dove facciamo tutto nei tempi previsti, accettazione, niente fila... appena arrivati nella sala delle vaccinazioni, però, vedendo le mie condizioni chiedono come mai fossi dovuto andare fin là e non mi avessero prenotato per la vaccinazione domiciliare. Mia moglie risponde che il modulo online non dava l’opzione, altrimenti ben volentieri ci saremmo risparmiati di chiamare l’ambulanza e tutto il trambusto del trasporto. Vabbe’, ci dicono, ma per il richiamo magari chiedete di farlo a domicilio. E ci danno l’email a cui scrivere.

Fatta l’iniezione, ci spostiamo in una sala per aspettare il quarto d’ora d’osservazione. In un angolo c’è una scrivania con due impiegati e un computer, sotto il cartello «Certificazione». Dopo due minuti, dalla stampante esce un foglio, che ci viene subito consegnato, con riportato il tipo di vaccino somministrato e la data, con una chiarissima dicitura: «Il presente attestato non costituisce certificazione». Chiediamo se questa verrà spedita a casa, e se arriverà solo dopo la seconda dose, ma ci viene risposto che ancora non si sa. Prego? Proprio così, ribadiscono, ancora devono decidere come rilasciare le certificazioni. Non si sa proprio niente, né come né quando. Torniamo a casa, sconcertati ma non troppo, siamo ormai abituati a certe assurdità. Mia moglie scrive immediatamente per chiedere che il richiamo mi venga fatto a domicilio. Appena spedisce, le arriva la risposta a un’altra email che aveva spedito in mattinata alla Asl nella quale chiedeva come mai al numero verde per la vaccinazione dei caregiver i miei dati non risultassero pur essendo in carico a loro da quattro anni. Anche stavolta parlano di «piccolo disguido» e assicurano che tutto si risolverà a breve.

Più tardi arriverà la risposta anche all’altra email: tutto a posto, verranno a casa per il richiamo, ci contatteranno loro più avanti per i dettagli. Ci pregano solo di disdire l’appuntamento che già abbiamo per il richiamo alla Casa della Salute, così che possano rendere di nuovo disponibile la dose. Sì, certo, ma come si fa a disdire? Online, come scopriamo presto, non si può fare, né attraverso il numero verde. E allora? Al quarto giorno passato da mia moglie al telefono ancora non abbiamo risposte. Né su come disdire la prenotazione per il richiamo, né su quando mia moglie e le mie figlie potranno essere vaccinate, visto che il «piccolo disguido» ancora non è stato risolto. E dire che, per una volta, pensavamo che la burocrazia non ci avrebbe fatto impazzire... Un’illusione durata lo spazio di un mattino. Anzi, meno.

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