giovedì 15 settembre 2022
«Segnalazioni» su donne «costrette» a sentire il cuore del loro bambino prima di abortirlo, come in Ungheria. Dichiarazioni indignate da sinistra, ma la Regione smentisce: portino le prove, non è vero
Un feto umano a 8 settimane, lungo meno di due centimetri

Un feto umano a 8 settimane, lungo meno di due centimetri

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Il battito del cuore di un feto nel grembo materno è percepibile con i più diffusi strumenti diagnostici all’ottava settimana di gravidanza: un ritmo accelerato che tutti i genitori ricordano con emozione, alla prima ecografia. Il segno di una vita umana che prende forma ma che già fa udire chiaro e forte. Impressiona la distanza siderale tra questa umanissima realtà e la polemica elettorale che si è scatenata ieri quando Elisabetta Piccolotti, candidata di Sinistra Italiana, ha dichiarato in una conferenza stampa alla Camera che «abbiamo segnalazioni da parte di donne che volevano interrompere la gravidanza e da diverse associazioni femministe che in Umbria (Regione a guida centrodestra, ndr) sta già accadendo quello che accade in Ungheria dove da oggi le donne che intendono interrompere la gravidanza saranno costrette ad ascoltare il battito del feto». La modifica alla legge ungherese sull’aborto, come ha riferito ieri Avvenire, prevede che prima di procedere all’aborto i medici presentino alla donna la prova «chiaramente identificabile delle funzioni vitali del feto». In termini di leggi italiane, è il consenso informato: prima di compiere una scelta irreversibile occorre essere consapevoli di ciò che è e delle sue conseguenze. Ma la rivelazione ha aperto una valanga di dichiarazioni contro «una pratica che tenta di esercitare una pressione psicologica e un ricatto morale inaccettabili» (Monica Cirinnà, Pd), «un atto crudele, una forma di tortura» che «trasforma il dramma in tragedia» (Nicola Zingaretti, Pd) mentre Emma Bonino (+Europa) dice che «fino a stamattina non pensavo che l’aborto in Italia potesse essere a rischio a livello legislativo con l’eventuale vittoria di questa destra» e il ministro della Salute Roberto Speranza – anch’egli Sinistra italiana – parla di «uno scenario totalmente irricevibile, fuori dalla norma vigente», anche se poi si dice «non a conoscenza diretta della dichiarazione rilasciata, ma se ci sono elementi va valutata una eventuale ispezione». Rincara Valeria Valente (Pd): «Abortire è sempre un trauma, penalizzare e colpevolizzare in questo modo le donne significa di fatto limitare la loro libertà di scelta». Dal centrodestra si alza la voce di Eugenia Roccella, candidata per Fdi, che allarga il discorso: «Giorgia Meloni vuole mettere in pratica il vecchio slogan delle donne, maternità come libera scelta, ma la sinistra ritiene un "attacco alla legge 194" ogni sostegno alla maternità. Per il Pd e +Europa evidentemente solo i ricchi hanno diritto ad avere figli: chi è costretta a scegliere l'aborto per motivi economici o sociali, ma il figlio lo vorrebbe, deve essere lasciata sola. Nessuno ricorda che proprio la legge 194 chiede che gli ostacoli alla scelta di essere madre debbano essere rimossi e che questa parte della legge non è mai stata applicata. Se il tasso di natalità in Italia è ormai tra i più bassi d'Europa, forse il problema non è che le donne improvvisamente non desiderano più essere madri, ma che il prezzo che pagano per questa scelta è troppo alto e soprattutto ricade tutto sulle loro spalle, nell'indifferenza della società. Vogliamo occuparcene o no?».
A spegnere la polemica sul "caso del battito" interviene la Regione Umbria: «Sarebbe opportuno che coloro che hanno portato all’attenzione questi gravi fatti li circostanziassero – è la secca replica dell’assessorato alla Salute –. In nessuna Azienda sanitaria o ospedaliera della Regione Umbria risulta che le donne che chiedono l’interruzione di gravidanza siano costrette ad ascoltare il battito del feto». Fa così tanta paura un minuscolo cuore umano di 8 settimane?

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