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L'aula di Montecitorio, che vide protagonista Carlo Casini
È possibile per un politico essere santo? La risposta è ovvia e persino banale. Tutti siamo chiamati alla santità. Dunque, anche i politici. Del resto, esempi luminosi danno la risposta più convincente: basti pensare, per dire i due nomi che mi vengono subito in testa, a Tommaso Moro e Giorgio La Pira.
Ma la questione diviene più interessante se ci interroghiamo sulle particolarità degli ostacoli che il politico incontra sulla strada che lo conduce all’incontro con Dio ovvero sulla specificità delle virtù cristiane di cui egli deve tendere a rivestirsi.
Naturalmente la tentazione più grande è quella del potere. Nell’attuale sistema democratico essa si colora di aspetti tanto complessi quanto insidiosi. Scegliere l’ultimo posto è l’insegnamento evangelico. «Non sappia la mano destra quello che fa la sinistra»: il nascondimento si addice all'uomo per cui conta soltanto l'intimità con il suo Signore.
«Razza di vipere» e «sepolcri imbiancati» chiama Gesù coloro che pretendono di essere riconosciuti pubblicamente buoni e saggi. Come la mettiamo con la spietata concorrenza che in democrazia esige il guadagno dei voti e quindi il farsi conoscere per i propri asseriti meriti? La società dell'informazione aggrava il problema: chi non va in televisione non esiste e non si acquista, certo, consenso esponendo i propri limiti. Di qui la lotta sotterranea, poco conosciuta, per accaparrarsi fette di immagine e spazi che ultimamente sono pubblicitari.
Eppure, io credo che l'umiltà sia una virtù principe per il politico. Essa non esclude la ricerca degli strumenti indispensabili per farsi conoscere, com’è doveroso in democrazia, ma esige moderazione, serenità, rispetto dell'altro, soprattutto una costante presa di coscienza della propria pochezza, non solo di fronte a Dio, ma anche di fronte agli uomini.
Ma – diciamolo con San Paolo – la virtù per eccellenza è la carità, che in politica si suole chiamare “servizio”. Servizio a chi? A se stessi, al proprio successo, o al prossimo, in particolare al più piccolo e al più debole? Paolo VI ha detto che la politica è una forma esigente se di carità. Sul piano oggettivo si tratta di una verità solare. La Pira ripeteva: «Senza la politica non si costruiscono le case, non si fa la pace». Teorizzando si può prospettare una continuità tra storia sacra e storia civile, tra speranza cristiana e speranza umana.
Il succedersi delle generazioni mostra che il Creatore ha pensato alla vita umana su questa terra non tanto come una prova d'esame per stabilire se ciascuno è meritevole di godere della vita eterna in comunione con Lui quanto come una enorme staffetta tesa a costruire anche su questa terra la “civiltà dell'amore”, la “pace e la fraternità tra tutti i popoli”. È evidente che la politica ha molto a che vedere con questa prospettiva.
Naturalmente è grande la distanza tra l'ideale e la coerenza dei singoli. Per questo la politica è una forma di carità esigente. Lo è – esigente – nel senso di una donazione totale al servizio, ma lo è anche perché molte sono le tentazioni da superare.
Una essenziale condizione del servizio è la libertà. Perciò dico sempre ai giovani di non impegnarsi in politica se prima non hanno raggiunto una propria autonomia professionale. Non è la politica che deve dare da vivere. Altrimenti se ne diventa schiavi e le scelte non sono più determinate dalla propria intelligenza e dalla propria volontà di bene, ma dal bisogno di conservare i mezzi di sussistenza per sé e la propria famiglia. Ma la libertà è anche qualcosa di più profondo e interiore: è la forza di dire “no” o “sì” indipendentemente e talvolta anche in contrasto con il proprio tornaconto. Per questo penso che davvero Tommaso Moro sia il modello dei politici.
Infine, vorrei toccare il tema più importante: quello della preghiera. Nel periodo in cui sono stato nel Parlamento italiano ho constatato come fosse percentualmente elevato il numero di parlamentari abituati a ricevere quotidianamente l'Eucaristia. Intendevo dire che la percentuale era certamente maggiore di quella relativa ai comuni cittadini. Questa mi pare una bella notizia. Vuol dire che il politico, proprio perché spesso conduce una vita caotica in larga misura lontano dalla famiglia; perché deve intervenire in problemi complessi e ha bisogno di luce; perché è esposto alle tentazioni del potere, del denaro, del successo, dell'orgoglio e dell'egoismo più di altri; proprio per questo deve mantenere una particolare intimità col Signore.
Tra i ricordi della mia infanzia vi è una frase, pronunciata non so da chi e in che circostanza: «Quella è una brava persona, non fa politica». L'espressione è sbagliata: non vi è opposizione tra bontà e politica. Su La Pira è stato scritto un libro intitolato Il Sindaco Santo. No, non è impossibile che ci siano politici santi e che la stessa politica come tale sia resa spazio di santità.