giovedì 11 maggio 2023
In soli 7 anni di legge sono già più di 31mila i cittadini che hanno ottenuto la «morte medicalmente assistita». Ma spesso per mancanza di alternative di vita
Il primo ministro canadese Justin Trudeau, sostenitore della "Maid"

Il primo ministro canadese Justin Trudeau, sostenitore della "Maid" - Reuters

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Nel 2021 in Canada le morti per eutanasia e suicidio assistito sono state il 3,3% del totale dei decessi, pari a poco più di 10.000 persone che hanno avuto accesso alla Maid, Medical Assistance in Dying (morte medicalmente assistita), la legge che regola le procedure suicidarie ed eutanasiche. Rispetto al 2020 l’aumento è stato del 32,4%, con una crescita continua e costante anche rispetto al passato: a sette anni dall’entrata in vigore della norma, nel 2016, hanno usufruito della morte di stato già 31.664 canadesi. Per capire la portata dei numeri è utile il paragone con l’Olanda, dove la legge sull’eutanasia è in vigore dal 2002: qui la stessa percentuale di morti procurate è stata raggiunta dopo 12 anni, più del doppio del tempo impiegato dal Canada.

Per dare l’idea del clima culturale nel Paese degli aceri vale la pena ricordare quanto accaduto nella primavera dello scorso anno, quando Ctv, il più grande network privato canadese, ha condiviso il video di Sophia, 51 anni, affetta da una condizione cronica chiamata Sensibilità chimica multipla. Immagini registrate 8 giorni prima di morire per eutanasia: « Il governo mi vede come spazzatura sacrificabile, una che si lamenta, inutile, una rompiscatole», denunciava Sophia, ricorsa alla Maid per l’impossibilità di trovare un alloggio adatto a lei, a prezzi accessibili e che le consentisse di vivere con la sua patologia. Dopo lo scoppio della polemica è uscita allo scoperto Denise (entrambi sono nomi di fantasia), 31 anni, dichiarando di avere la stessa malattia e di avere già ottenuto un’approvazione condizionata per la Maid. Denise spiegava che la sua richiesta era «essenzialmente dovuta alla povertà assoluta» (dopo l’attenzione riservatale dai media ha ottenuto un alloggio e ha revocato la richiesta eutanasica).

Nella polemica pubblica sorta, i sostenitori della Maid hanno ribadito che la risposta a situazioni come quella delle due donne dovesse essere di giustizia sociale, e quindi in termini di sostegno e tutele a persone in condizioni di disabilità, ma senza togliere loro la possibilità di accedere all’eutanasia: «Dovremmo rendere più facile sia vivere che morire con dignità. Non si risolve un’ingiustizia creandone un’altra», ha commentato il noto editorialista Andrè Picard – insignito di prestigiosi riconoscimenti per il suo impegno nell’ambito della salute – sul quotidiano The Globe and Mail. Analoghe le argomentazioni di un lungo saggio di K. Wiebe and A. Mullin, dell’Università di Toronto nella rivista specializzata Journal of Medical Ethics: anche pazienti in condizioni di disabilità e oppressione sociale sono consapevoli delle proprie scelte e delle conseguenze che ne derivano, e quindi va rispettata la loro autonomia. « L'ingiustizia di queste condizioni sociali dovrebbe portare a una riforma sociale piuttosto che a una restrizione delle opzioni delle persone sofferenti coinvolte». Emerge quindi l’idea per cui una persona esprime la sua autonomia in una scelta se è consapevole delle conseguenze, indipendentemente dalle circostanze in cui quella scelta è maturata. Insomma: ogni scelta è buona e va tutelata, a prescindere dal merito e dalle motivazioni, purché chi la fa sappia a cosa va incontro. Una concezione discutibile.

Facendo un esempio estremo: il fatto di essere consapevole di quel che accade se decido di buttarmi dalla finestra non significa automaticamente che quella decisione sia libera. Ma è questo il fil rouge della velocissima evoluzione (o meglio, involuzione) della legge canadese. Entrata in vigore nel 2016, a seguito di una prima sentenza della Corte Suprema, la legge è stata rivista nel 2021 per via di un secondo pronunciamento con cui la Corte ha ampliato l’accesso alla morte procurata, consentendolo anche a sofferenti per i quali la morte naturale non fosse ragionevolmente prevedibile, ad esempio disabili e pazienti psichiatrici. Si sono quindi aperti due percorsi legali, a seconda che i richiedenti della Maid siano prossimi alla morte o no: nel primo caso non ci sono i tempi di attesa della seconda. La legge rivisitata ha incluso poi l’esame di altre condizioni. Gruppi di esperti hanno approfondito cinque aspetti: lo stato delle cure palliative; le tutele per i disabili; la Maid per minori maturi; la Maid nelle Disposizioni anticipate di trattamento; la Maid se l’unica condizione medica del paziente è il disordine mentale. Quest’ultima apertura doveva essere consentita dal 2 febbraio 2023, ma la sua entrata in vigore è stata rimandata di un anno per poterne stabilire al meglio le procedure.

Nel report finale della Commissione speciale parlamentare istituita per ampliare la legge le 23 raccomandazioni nei confronti del governo chiamano spesso in causa la capacità di prendere decisioni da parte di chi chiede di morire. Riguardo ai minori maturi, ad esempio, la Commissione suggerisce di consentire l’accesso alla Maid solo nel caso di ragionevole previsione di morte, ma senza un’età minima per l’accesso e con il parere non vincolante dei genitori: l’importante è valutare la capacità di prendere decisioni da parte dei minori. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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