giovedì 22 ottobre 2020
«Ho provato l’impotenza davanti al male che si è portato via mio nonno E adesso vorrei dedicare la vita alla ricerca»
Giulio Deangeli

Giulio Deangeli - /

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«Il cervello umano mi ha sempre affascinato enormemente. È l’oggetto più complesso che conosciamo e possiede un potere computazionale superiore a qualsiasi computer. Quando al quarto anno di liceo ho partecipato alle Olimpiadi delle neuroscienze, è stato amore a prima vista. E ho deciso di studiarlo da autodidatta negli anni scolastici. Poi mi sono iscritto a Medicina all’Università di Pisa e sono diventato allievo della Scuola Superiore Sant’Anna».

Giulio Deangeli ha un sogno e vuole realizzarlo a tutti i costi: trovare il modo di sconfiggere le malattie neurodegenerative. Per questo, pur avendo solo 25 anni, il giovane padovano ha già conseguito tre lauree in tre mesi, tutte con il massimo dei voti, e si appresta a ottenere la quarta. Dopo quella in Medicina a luglio, si è laureato in Ingegneria a settembre, in Biotecnologie a ottobre e a dicembre concluderà il percorso magistrale in Biotecnologie molecolari.

«Ho studiato tutte queste materie perché volevo costruirmi un bagaglio di conoscenze multidisciplinari che mi permettessero di avere gli strumenti necessari per dedicarmi a tempo pieno alla ricerca. L’Alzheimer, il Parkinson, la Sla – per citare solo le malattie neurodegenerative più note – costituiscono una vera tragedia umana per il malato e le persone che cercano di prendersi cura di lui. Non abbiamo armi per questa guerra enorme, è il motivo per cui voglio fare il ricercatore.

Ad aprile comincerò il dottorato all’Università di Cambridge». Per il quale si è guadagnato cinque borse di studio: là avrà modo di lavorare anche con Maria Grazia Spillantini, considerata l’erede di Rita Levi Montalcini e Michel Goedert, vincitore del Brain Prize 2018, il Nobel delle neuroscienze. «Per me è un onore poter stare al fianco di simili maestri. Con la professoressa Spillantini, cui va il merito di aver scoperto l’alfa-sinucleina, la proteina centrale responsabile di alcune malattie neurodegenerative, ho avuto una prima occasione già quattro anni fa, nei tre mesi di internato a Cambridge con una borsa Amgen Scholars».

Il nonno di Giulio è morto a causa di una malattia neurodegenerativa, e lui ha sperimentato in prima persona l’assoluta impotenza di chi è vicino a chi ne soffre come quella della medicina, che al momento riesce ad affrontare patologie di questo tipo solo con cure palliative. Aveva già deciso quali studi intraprendere, la malattia del nonno è stata una conferma. «Sin da bambino sentivo dire che si poteva fare ricerca per cercare strade che non ci sono ancora. Per queste malattie neurologiche bisognerebbe riuscire a individuare una terapia eziologica che agisca alla radice della malattia, non una palliativa che agisce invece sul sintomo. Non vedo l’ora di diventare ricercatore».

La ricerca, per il plurilaureato, è il mestiere più bello del mondo: «La considero una forma di espressione artistica. Quando acquisisci tanti strumenti e li metti a tua disposizione, da esecutore passi a essere un creativo. Se conosci tante cose puoi esprimerti: vivi per risolvere il problema».

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