giovedì 24 febbraio 2022
Il salone "Un sogno chiamato bebè" programmata il 21 e 22 maggio in uno spazio alla periferia della città. Interrogazione al sindaco Sala , incalzato ora dalle sigle per l'inviolabilità delle donne
La Rete femminista: no a una fiera per la maternità surrogata
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Immediata la reazione del mondo femminista da sempre mobilitato contro la legalizzazione della maternità surrogata alla notizia che il 21 e 22 maggio 2022 lo spazio per eventi EastEnd Studios di via Mecenate a Milano è in programma la fiera della procreazione assistita. Dopo Parigi, Berlino, Colonia e Monaco sbarca anche in Italia «Un sogno chiamato bebè». Senza troppo clamore, il sito internet e le pagine social che per mesi sono state "dormienti", hanno cominciato a popolarsi: sul web il modulo di iscrizione per aver accesso alla manifestazione, la possibilità di iscriversi alla newsletter, articoli di taglio medico-scientifico sulle diverse tecniche per mettere al mondo un bambino, su Facebook l’invito a partecipare «per incontrare esperti, medici, clinici, terapeuti, centri di trattamento e gruppi di supporto specializzati in fertilità e genitorialità». Ora gli organizzatori – gli stessi delle fiere all’estero – escono allo scoperto. E le sigle che si battono per la dignità della donna scendono in campo.

La Rete per l’inviolabilità del corpo femminile, network di sigle femministe attive contro l’utero in affitto, hanno recapitato una lettera aperta al sindaco di Milano Giuseppe Sala: «Apprendiamo che il 21-22 maggio approderà a Milano presso lo Spazio Antologico-East End Studios di via Mecenate 84 "Un sogno chiamato bebè", fiera dell'utero in affitto organizzata dagli stessi promotori del "salone" che ha già fatto tappa a Parigi, Colonia, Monaco, Berlino, e che per la prima volta arriva anche in Italia. L'intento è rilanciare un business, quello della compravendita dei bambini, "settore" che al pari di molti altri ha subito rallentamenti e perdite a causa della pandemia». L’interlocutore è scelto con precisione: «Interpellato sull'iniziativa, a suo tempo il sindaco Beppe Sala aveva garantito che per l'evento non sarebbero stati concessi spazi pubblici, e che l'amministrazione non avrebbe altresì "concesso alcuna autorizzazione, patrocinio o altre forme di sostegno all'iniziativa"».

La situazione nuova che si è prodotta con l’annuncio che la fiera si svolgerà davvero a Milano dovrebbe rendere necessario – a parere della Rete – un intervento delle autorità: infatti «Nello spazio, ancorché privato, si preannuncia un reato ai sensi della legge 40/2004 che non solo vieta e sanziona la gestazione per altri realizzata in Italia, ma punisce anche la semplice propaganda, là dove afferma che "Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro" (articolo 12, comma 6)». Le associazioni del mondo femminista, sostenute da numerose firme, si chiedono dunque se «avendo con largo anticipo notizia dell'evento-reato programmato presso gli East End Studios, il Sindaco, la Giunta e il Consiglio Comunale non ritengano di doversi attivare preallertando le Forze dell'Ordine nonché intraprendendo qualsivoglia altra iniziativa atta a impedire l'annunciata violazione della legge italiana, che si realizza pubblicizzando una pratica che oltre a fare mercato di creature umane "offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni" (Corte Costituzionale, sentenza 272/2017)».

Rispetto all’edizione parigina, che Avvenire aveva raccontato l’8 settembre 2021 grazie al lavoro di una giornalista in incognito, nel sito di «Un sogno chiamato bebè» al momento non compaiono gli sponsor né alcun accenno alla Gravidanza per altri o alla commercializzazione di gameti o di embrioni. La scelta è d’obbligo, se non si vuole incorrere nei rigori della legge 40 sulla Procreazione assistita, che per l’appunto punisce chiunque «realizza, organizza o pubblicizza» queste pratiche. I funzionari degli EastEnd Studios assicurano ad Avvenire che gli organizzatori «hanno consultato i propri legali» prima di firmare il contratto.

Tutto bene, dunque? Forse, ma non si può non ricordare che in Francia, dove vige un analogo divieto, a Desir d’enfant si potevano comunque seguire seminari o ricevere dettagliate informazioni sulle cliniche estere da cui acquistare servizi di surrogazione di maternità. L’evento milanese sta comunque già agitando le acque. La consigliera comunale dell’opposizione Deborah Giovanati (Lega) ha firmato una interrogazione urgente al sindaco e all’assessore alla Parità del Comune di Milano, mentre il segretario del Centro di aiuto alla Vita Mangiagalli Francesco Migliarese suggerisce che «la vita umana non si manipola, non si compra e non si vende» e chiede che il sindaco «impedisca lo svolgimento di questa controversa iniziativa commerciale». Che la procreazione assistita sia anche un business enorme è un dato di fatto: nel 2019 le cliniche in attività in Italia erano 346, di cui 106 pubblico, 20 privati convenzionati e ben 220 privati, con un numero di coppie trattate e di cicli iniziati in costante aumento.

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