sabato 4 gennaio 2020
Espressioni associative del mondo cattolico e laici impegnati a tutela della vita umana fanno proprie le parole del Papa contro eutanasia e suicidio assistito. Rilanciando l'impegno nella società.
«Fine vita, fermare le scelte di morte si può. Insieme»
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«È ovvio che noi non sempre possiamo guarire – la morte arriverà – ma sempre possiamo curare. Quindi anche quando non possiamo più fare azioni positive per la guarigione, resta l’azione fondamentale di esserci, stare accanto, non abbandonare mai nessuno, soprattutto chi si trova nelle situazioni più difficili o di maggiore debolezza». Sottolinea l’importanza del prendersi cura come vera alternativa alla spinta in corso per aprire – in Italia e nel mondo – a eutanasia e suicidio assistito monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, che commentando con Vatican News il messaggio per la Giornata del malato 2020 nel quale il Papa ha opposto un nuovo, fermo diniego a qualunque apertura a pratiche di morte afferma che «bisogna fuggire la tentazione di una medicina onnipotente», persuasa che quando «non può guarire ha fallito o deve ritirarsi».
Sulle parole del Papa ieri si è espresso anche Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita, soffermandosi sulla «differenza cruciale tra cura e guarigione, dove la prima va assicurata a ciascun essere umano anche se inguaribile». Le parole del Papa «si allineano con quanto previsto dalla nostra Costituzione che all’articolo 32 richiede che lo Stato assicuri la "cura", e non solo la terapia». Dunque «non è tollerabile che il Governo italiano non investa adeguatamente in assistenza e strutture per la somministrazione di cure palliative e terapia del dolore». Al fianco del Papa si schiera il Movimento per la Vita, presieduto da Marina Casini Bandini, che ribadisce come «la vita è vita e in ogni circostanza deve essere promossa e accompagnata, specie quando si presenta fragile, come all’inizio e al termine della stessa. La sua indisponibilità ci fa capire quanto essa sia preziosa, unica, aperta al trascendente. Pertanto va sempre rispettata in ogni sua stagione e promossa in ogni circostanza». Alla coerenza con le parole del Papa chiama la deputata centrista Paola Binetti: «Ribadire il no all’eutanasia è necessario purché alle affermazioni di principio seguano i fatti concreti, ognuno nel suo contesto specifico: da quello giuridico a quello etico; da quello clinico a quello politico». E un fatto eloquente l’ha messo in opera ieri il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, scegliendo per la sua prima visita pastorale del 2020 il Centro residenziale di cure palliative dell’Usl 1 Umbria a Perugia.
È la «frontiera antropologica» per Domenico Menorello, dell’Osservatorio parlamentare «Vera Lex?», il fronte sul quale papa Francesco ci invita «a esercitare il giudizio, anche sociale e politico». Infatti «di fronte alla malattia e alla sofferenza emerge quale sia l’idea di uomo che la società e ciascuno di noi afferma». Grato al Papa è Marco Invernizzi, responsabile nazionale di Alleanza Cattolica: «In un mondo dominato dalla cultura della morte le parole del Santo Padre meritano grande attenzione e riconoscenza da parte di tutti coloro che hanno a cuore la sacralità della vita». Il leader del Family Day Massimo Gandolfini sottolinea che «in un contesto culturale che tende a osteggiarlo siamo particolarmente grati al Santo Padre anche per il richiamo all’inalienabile istituto dell’obiezione di coscienza, che si presenta a volte come scelta necessaria per rimanere coerenti al "sì" alla vita e alla persona». Il direttore di International Family News, Marco Respinti, dice che «Francesco si conferma uno dei pochi leader mondiali capace di esprimersi con lucidità e chiarezza, serenità e vera laicità sul falso mito disumanizzante della cosiddetta (perversamente) "buona morte"». Infine, l’esponente della rete Polis pro Persona Massimo Polledri prende spunto dal messaggio di Francesco per contestare la strategia di «mascherare il lupo da agnello, cioè il medico che uccide da medico pietoso, piuttosto che chiamare pietà l’indifferenza e l’utilitarismo».

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