L’Ue ha una carta russa da giocarsi per l’Ucraina

September 27, 2025
Come tristemente noto, i conflitti spesso nascono per interessi economici. A volte capita che gli stessi o altri interessi economici contribuiscano in misura determinante a chiuderli. Chissà che non possa aprire uno spiraglio in questa direzione la proposta formulata in settimana dal cancelliere tedesco Friederich Merz, che giovedì in un intervento sul Financial Times ha rilanciato l’idea di utilizzare le ricchezze finanziarie russe congelate per finanziare gli investimenti militari di cui ha bisogno l’Ucraina per difendersi dall’aggressione russa. La proposta non è del tutto nuova, finora si è scontrata con cautele per lo più di carattere regolamentare e ha una valenza economica e doppiamente politica, visto che può alzare la pressione su Mosca e dimostrare che l’Europa non dipende solo e sempre dagli Stati Uniti e dagli umori volatili del suo presidente. Dal punto di vista economico, l’iniziativa ruota intorno ai 300 miliardi di investimenti russi congelati dopo l’invasione ai danni dell’Ucraina. Si tratta di risorse che fanno capo a persone o società private russe, ma investite fuori dal proprio Paese: investimenti azionari, ad esempio,
ma anche obbligazioni o titoli di Stato nel frattempo scaduti e quindi rimborsati dai soggetti emittenti che però non hanno potuto consegnare le somme ai rispettivi titolari, visto che questi capitali non possono oltrepassare il “confine” russo. Per questo dei 300 miliardi in questione, circa 200 sono al momento “parcheggiati” presso Euroclear, la società belga che si occupa di regolare gli investimenti una volta che scadono, un’operazione di norma istantanea che invece in questo caso ha determinato la nascita di un grande tesoro inutilizzato. Un tesoro che periodicamente suscita un certo interesse tra i governanti europei, che però non hanno mai osato toccarlo: prendersi quei soldi significherebbe sottrarli ai legittimi proprietari, generando un precedente pericoloso sui mercati finanziari e al tempo stesso rischiando una valanga di cause legali. Merz nel suo intervento sul quotidiano britannico ha però lanciato un’idea diversa, più articolata, che punta a destinare circa 140 di quei 200 miliardi per l’acquisto di nuove armi per Kiev. Non direttamente, però, ma attraverso l’emissione di obbligazioni garantite dai Paesi europei che sarebbero acquistate proprio con quei fondi giacenti e poi dirottate sull’acquisto di armi. L’obiettivo è non penalizzare i titolari russi, che si vedranno consegnato un investimento nuovo al posto di quello vecchio, e ottenere in fretta quanto serve all’Europa per comprare ciò che gli Stati Uniti non paiono più disposti a dare. In pochi giorni Merz sembra aver raccolto più perplessità che incoraggiamenti. Ma non c’è da stupirsi: gli interessi che ruotano intorno a quel gigantesco tesoro sono enormi e non solo di parte russa. Se anche dovesse cadere sul piano della fattibilità concreta, il piano conserva un po’ del suo valore politico: l’Europa ha ancora in mano delle carte che un domani, all’occorrenza, potrebbe giocarsi nel caso in cui si rendesse necessario. Intanto anche la Commissione europea sta analizzando la questione e la possibilità di utilizzare in qualche modo quelle risorse giacenti, e anche in questo caso l’iniziativa tedesca potrebbe contribuire ad arrivare a una soluzione, magari condivisa alla radice dai Paesi membri. © riproduzione riservata

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