La missione digitale insegnata nei Vangeli
La rivista “Yachay”, edita dalla Facoltà di teologia dell’Università cattolica boliviana “San Paolo”, ha pubblicato un numero monografico interamente dedicato alla missione digitale

All’inizio della scorsa estate la rivista “Yachay”, edita dalla Facoltà di teologia dell’Università cattolica boliviana “San Paolo”, ha pubblicato un numero monografico (bit.ly/4q5Joaw) interamente dedicato alla missione digitale. Il progetto è stato portato avanti congiuntamente con un’altra Facoltà teologica della Bolivia, quella di Cochabamba, e ha goduto della collaborazione del Dicastero vaticano per la comunicazione (DpC) e del Centro per la comunicazione del CELAM, la struttura che federa le conferenze episcopali di tutto il subcontinente. Ciò fa capire quanto il fenomeno dei missionari digitali si vada radicando nell’area latinoamericana e quanto dunque la Chiesa lo prenda sul serio, in particolare interrogandosi su come accompagnarlo: si veda l’intervista resa appunto all’agenzia del CELAM (bit.ly/4mYSi6S) da uno dei promotori e autori del fascicolo, Alejandro Beltrán Romero. Nella prima parte gli ampi contributi di mons. Lucio Ruiz (segretario del DpC), di Verônica Brunkow (anch’essa in forza al DpC) e di tre ricercatori, Moisés Sbardelotto (Brasile) e, a quattro mani, Agustín Podestá (Argentina) e Marco Enrique Salas Laure (Portorico), disegnano la figura dei missionari digitali in rapporto alla preparazione e allo svolgimento dell’ultimo Sinodo, alla pratica della sinodalità e al magistero di papa Francesco sulla cultura digitale. Sono aspetti di questa neonata “missione” che su “Avvenire” e in questa rubrica sono stati ripetutamente considerati. Così ho scelto di dare qui conto di due contributi della seconda parte (redatti da altrettanti missionari digitali), colpito da una loro peculiarità: il radicamento nella Scrittura. Il primo si deve al già citato Alejandro Beltrán Romero (bit.ly/4pZxZsH), membro della Comunità missionaria di Cristo Pastore e presbitero della diocesi di El Alto (Bolivia), ben formato in ambito teologico, pastorale e biblico. La sua analisi punta sui brani che, nei Sinottici, descrivono il mandato missionario da parte di Gesù risorto: essi, secondo l’autore, «offrono coordinate essenziali per una prassi missionaria digitale significativa oggi». Luca «ci parla dell'“essere”» di questi evangelizzatori, e che «tutto parte della vita stessa del missionario digitale», dal suo «incontro con il Signore». In un ambiente saturo di informazioni «la testimonianza personale e comunitaria della fede è fondamentale per dare credibilità al messaggio». Marco «ci parla del “messaggio”. La missione è proclamare la buona novella, il kerigma», con segni concreti. È «andare incontro», partendo «dalla realtà dell'interlocutore», tenendo conto «delle croci dell'umanità, delle luci e delle ombre del mondo». Egli «ci invita ad essere profeti anche sui social network». Matteo ci parla dell’«obiettivo della missione»: «fare discepoli» attraverso un «processo di accompagnamento» che va di pari passo con l’andare, il battezzare e l’insegnare in «una prospettiva comunitaria». Ciò «esclude ogni ricerca solitaria e di protagonismo, un pericolo latente nei social network». L’altro contributo è di una salesiana spagnola, Clara Medina Serra (bit.ly/3Wx8pNW), nota alle cronache per l’impegno profuso nel corso dell’alluvione che ha colpito Valencia nel 2024. Ha compiuto studi sociali, teologici e biblici e collabora con “iMisión”. La prospettiva che ha scelto si basa sull’analogia tra il pozzo di Sicar, di cui narra il Vangelo di Giovanni, e gli ambienti digitali: «nuovi luoghi di incontro», dove migliaia di persone arrivano cercando di riempire il loro vaso, cioè la loro vita, «con qualcosa che trascenda l'effimero». In apparenza «molti cercano solo intrattenimento, distrazione o connessione. Ma se guardiamo più in profondità, scopriamo una sete più profonda: sete di senso, di appartenenza, di verità, di amore. Una sete spirituale» non sempre riconosciuta. Il modello del missionario digitale diventa dunque Gesù nel suo incontro con la Samaritana: anche nel mondo online – a volte ostile, a volte superficiale – «Gesù continua a chiedere da bere e continua a offrire acqua viva. La domanda per noi è: ci sediamo accanto al pozzo? Abbiamo il coraggio di ascoltare con attenzione, di parlare con nobiltà, di accompagnare con tenerezza? La missione digitale non è altro che questo: replicare lo stile di Gesù in nuovi spazi, con la stessa passione per l'incontro e lo stesso desiderio di dare vita». Perché, suor Medina ne è certa, «tra click, like, messaggi, commenti, pubblicazioni, si nascondono cuori che desiderano l'eterno e che ne hanno sete».
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