Il mercato italiano dell’uva da tavola è trainato dai consumi dei giovani
di Andrea Zaghi
L’ uva da tavola va alla grande, soprattutto tra i giovani. In tempi grami, caratterizzati spesso da previsioni al ribasso e orizzonti problematici, i numeri che arrivano dal mercato italiano dell’ortofrutta portano così un po’ di ottimismo
L’ uva da tavola va alla grande, soprattutto tra i giovani. In tempi grami, caratterizzati spesso da previsioni al ribasso e orizzonti problematici, i numeri che arrivano dal mercato italiano dell’ortofrutta portano così un po’ di ottimismo. Certo, anche per il comparto dell’uva da tavola c’è molto da fare, ma per migliorare le vendite e non per rincorrerle. Il punto sul mercato italiano dell’uva da tavola è stato fatto qualche giorno da Ismea in occasione di “Regina di Puglia”, manifestazione di riferimento del comparto. Stando alle indicazioni (rilanciate dal Corriere Ortofrutticolo, agenzia specializzata per il settore), questo prodotto ha dato più che una soddisfazione ai coltivatori. A far lievitare gli acquisti, in particolare, è stata l’uva senza semi (seedles) che nel 2024, è stato l’unico prodotto ortofrutticolo italiano che ha fatto segnare un aumento dei consumi tra i giovani e nelle famiglie con bambini. Le buone vendite di questa particolare categoria di frutto, ha trascinato anche il resto del comparto. A conti fatti, nel 2024 gli acquisti di uva da tavola sono aumentati del 4,6% in quantità e del 10,4%. Da notare, poi, il grande sviluppo di uva confezionata che cinque anni fa era solo il 27% del mercato e oggi conta per il 47%. Come ormai quasi ovvio, poi, il canale di vendita privilegiato è ormai quello della grande distribuzione con il 38% occupato dai supermercati e il 44 da discount e ipermercati.
Quello dell’uva da tavola, quindi, è l’esempio chiaro di cosa sta avvenendo nei consumi alimentari: vince chi riesce a proporre prodotti accattivanti e facili da consumare e reperibili senza particolari difficoltà.
Tutto bene quindi, per questo frutto, o quasi. Se da un parte l’uva può essere di esempio circa la dinamicità dell’agroalimentare nazionale, dall’altra le cose da fare sono molte (e sono comuni a buona parte delle produzioni agricole che finiscono sui banchi dei mercati e dei supermercati). Proprio dai giorni della manifestazione pugliese, infatti, sono arrivate almeno due indicazioni che tutto sommato possono riguardare gran parte dell’agroalimentare che finisce al consumo diretto. La prima riguarda la comunicazione: incrementare le informazioni sul prodotto poste sulla confezione, è cosa necessaria e da fare di più e meglio. La seconda riguarda l’ambiente. Stando ad Ismea, ma non solo, occorre porre maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale degli imballaggi. Poi, certo, ci sono tecniche e tecnologie da curare e da sviluppare incessantemente. © riproduzione riservata
Quello dell’uva da tavola, quindi, è l’esempio chiaro di cosa sta avvenendo nei consumi alimentari: vince chi riesce a proporre prodotti accattivanti e facili da consumare e reperibili senza particolari difficoltà.
Tutto bene quindi, per questo frutto, o quasi. Se da un parte l’uva può essere di esempio circa la dinamicità dell’agroalimentare nazionale, dall’altra le cose da fare sono molte (e sono comuni a buona parte delle produzioni agricole che finiscono sui banchi dei mercati e dei supermercati). Proprio dai giorni della manifestazione pugliese, infatti, sono arrivate almeno due indicazioni che tutto sommato possono riguardare gran parte dell’agroalimentare che finisce al consumo diretto. La prima riguarda la comunicazione: incrementare le informazioni sul prodotto poste sulla confezione, è cosa necessaria e da fare di più e meglio. La seconda riguarda l’ambiente. Stando ad Ismea, ma non solo, occorre porre maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale degli imballaggi. Poi, certo, ci sono tecniche e tecnologie da curare e da sviluppare incessantemente. © riproduzione riservata
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