venerdì 24 marzo 2023
Aveva diciannove anni, il pittore Girolamo Francesco Maria Mazzola detto il Parmigianino, quando nel prepararsi ad andare a Roma e lì “promuoversi”, realizzò, insieme ad altre tele, un autoritratto. Come dovesse comporre quello che oggi è un portfolio, o un biglietto da visita, gli venne in mente di rappresentare sé stesso nel modo più veritiero, ma anche il più attrattivo possibile. In una bottega di barbiere gli era capitato di guardarsi in uno specchio convesso, e l’episodio casuale gli suggerì un’idea. Fece tagliare a metà una palla di legno, e nella convessità della mezza palla riprodusse quel che di sé stesso vedeva nello specchio. La tela, molto piccola, è di folgorante intensità: sullo sfondo il viso di giovane, in primo piano una mano che si vede slargata, troppo vicina, e che nella leggera deformazione data dalla convessità possiede, diversamente dal volto, un tratto già adulto e maturo. Il palmo tenuto un po’ ricurvo, la mano dice da parte del pittore un gesto di estrema protezione nei propri stessi riguardi. Un quadro dove il motto: “il volto è specchio dell’anima” trova traduzione quanto mai letterale. Anche nel suo esprimere speranza in un presagio di fortuna, per come l’adulto che sarà sta piegato a proteggere e preservare il ragazzo che è, quello che si prepara a spiccare il suo volo. © riproduzione riservata
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