giovedì 13 ottobre 2011
Per incontrare la speranza, bisogna andare di là della disperazione. Quando si va sino alla fine della notte, si incontra una nuova aurora.

Viaggio al termine della notte è il titolo di un romanzo provocatorio che uno scrittore francese considerato “scandaloso” e irritante, Louis Ferdinand Céline, pubblicò nel 1932. Africa, America o Francia sono per il protagonista, un reduce della prima guerra mondiale, del tutto identiche e spietate: il suo sguardo ironico e disincantato indossa costantemente le lenti offuscate del pessimismo. Ebbene, proprio in quegli stessi anni un altro autore francese, Georges Bernanos, a cui non di rado abbiamo rimandato per le nostre riflessioni, scriveva le righe sopra citate che ripropongono un altro viaggio sino alla fine della notte. Ma il suo è un messaggio antitetico: per Céline c'è sempre e solo buio, per Bernanos non può non esserci un'altra alba, come accade per ogni nostra giornata.
S'incontrano o, meglio, si scontrano due concezioni antitetiche che potremmo rubricare sotto le voci «pessimismo/ottimismo», ma che in verità sono più profonde. In esse ci imbattiamo spesso non solo nelle piazze della storia, ma persino nel campo aperto della nostra anima. C'è, da un lato, il tempo del non-senso, quando il nostro pensare è esangue e sbiadito, il nostro parlare è vuoto e scipito, il nostro agire scialbo e infruttuoso. Questo pallore cadaverico che la vita acquista nasce da una crisi interiore più grave di una malattia fisica. Bisogna porvi mano, lottando a denti stretti per ritrovare, d'altro lato, una diversa tensione, quella che ti mette in cammino verso la fine della notte, rendendoti ancora desideroso dell'aurora che sta per spuntare e delle ore di una nuova giornata.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: