Venezia diventa Gerusalemmenei Psalmi Davidici di Gabrieli
domenica 2 febbraio 2003
A volte sono sufficienti poche pagine per dischiudere universi affascinanti e fornire preziose indicazioni sulla vita, l'arte, il pensiero di un'epoca. Tra una selva di stereotipi e formule retoriche, anche il semplice frontespizio o la prefazione di un'opera possono offrire spunti di grande interesse. La lettera con cui Andrea Gabrieli (1510 ca.-1586) dedica al Pontefice i propri Psalmi Davidici delinea per esempio una continuità ideale tra Gerusalemme, con i suoi riti e la sua centralità spirituale, e la città di Venezia. Figura di primo piano nella vita musicale della Serenissima, nel 1583 Gabrieli scrive infatti al «Santissimo Signor Nostro Gregorio XIII»: «Nessuno ignora quanto sia stato sempre gradito alla Sua Santa Chiesa l'uso dei Salmi e specialmente di quelli che si chiamano Penitenziali. Tuttavia, nessuno fino a oggi, come pare, si trovò che imitasse quel santo e pio uso che era proprio del Profeta, mediante l'armonia di voci e strumenti musicali...». In questo breve passo ricco di riferimenti non è difficile scorgere nel contempo ragioni di natura religiosa e filosofica, artistica e confessionale: a partire dall'esplicito riferimento alle indicazioni fornite dallo stesso Davide per la recita dei Salmi, che prevedeva appunto l'utilizzo di «arpe, cetre, corni, trombe e cembali». Venezia come la Città Santa, dunque, e la basilica di San Marco come il Tempio di Salomone, accostando il canto e gli strumenti nella comune intonazione delle lodi al Signore. Solenne e austera, questa dimensione di profonda sacralità trova esemplare riscontro nella registrazione discografica dei Psalmi Davidici realizzata dalla Capella Ducale Venetia diretta da Livio Picotti (cd pubblicato da Cpo e distribuito da Sound and Music): attraverso un approccio lento ed estatico, la limpida elaborazione contrappuntistica vocale si innesta qui sul severo tappeto timbrico intrecciato da cornetto, tromboni, fagotto, viole da gamba e organo positivo. All'interno di una nobile e uniforme cifra stilistica, trovano così espressione l'implorazione del perdono celeste (Salmi 6, 32 e 143), la preghiera nell'angoscia e nella sventura (Salmi 38 e 102), l'invocazione della misericordia divina (Salmi 51 e 130, conosciuti anche come Miserere e De profundis), suggellate in apertura e in chiusura dall'antifona gregoriana Ne reminiscaris Domine.
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