“Trono di spade”: fantasy o metafora?
mercoledì 26 luglio 2017
Non ci siamo preoccupati degli spoiler e abbiamo aspettato la versione doppiata in italiano (da lunedì 24 alle 21.15 su Sky Atlantic HD) ben sapendo che gli appassionati hanno fatto le ore piccole già dal 17 luglio per vedere i nuovi episodi in lingua originale alle tre di notte in contemporanea con gli Stati Uniti. Ma Il Trono di spade è anche questo, o forse è soprattutto questo: una serie che dal 2011 non ha fatto che conquistare e appassionare nuovi telespettatori. Veri e propri fan, che difficilmente perderebbero un episodio, costretti, questa volta, a un'astinenza prolungata di tre mesi. La settima stagione ha infatti debuttato in ritardo rispetto al consueto. Non è stata girata d'estate, bensì in inverno, tra dicembre e marzo, per riprodurre al meglio l'effetto della terribile stagione che sta arrivando su Westeros, l'immaginario continente occidentale dove si svolgono quasi interamente le vicende della saga Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin alla quale si ispira Il Trono di spade. Un inverno presagio di guerra tra le varie casate che si contendono il potere sui Sette regni a suon di strategie, accordi e tradimenti. Cersei Lannister ha eliminato i concorrenti e ora siede sul mitico trono nella città di Approdo del Re, la capitale del Nord. Ma verso di lei si stanno muovendo tutti i contendenti. Gran parte della prima puntata della nuova stagione è costruita proprio sulle dinamiche politiche per organizzare da una parte l'attacco e dall'altra la difesa. Ma non mancano, come al solito, i colpi di scena, già in partenza, con Arya, la giovane Stark, che assume le sembianze di Walder Frey e avvelena l'intera casata avversaria. Anche la tecnica è la stessa: ottime riprese, ambientazioni suggestive, tensione palpabile (a parte qualche splatter di troppo) e soprattutto scavo psicologico dei vari personaggi che vivono in una sorta di perenne medioevo in un mondo immaginario dove i draghi in guerra fanno la differenza. A coinvolgere il pubblico, però, non sono tanto le spettacolari e fantascientifiche battaglie quanto lo sviluppo dei personaggi, seguiti uno ad uno nella loro ambiguità e infelicità, sempre in lotta per il potere, unico scopo della loro vita. Ma questo è un fantasy. Il problema è che gli autori lo immaginano come metafora della realtà.
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