sabato 17 giugno 2006
Le tre cose più difficili sono: serbare un segreto, sopportare un'ingiustizia, veder soddisfatti i propri desideri. Leggo che questa trilogia di difficoltà è stata coniata da Voltaire. Ognuno di noi forse ne potrebbe elaborare un'altra, ugualmente fondata. Questa, comunque, ci permette una triplice riflessione semplice ma non inutile. Sì, è vero, tenere solo per sé un segreto è un'impresa ardua e un po' tutti in questo campo devono confessare di essere stati peccatori e vittime al tempo stesso. L'inventore del parafulmine, Benjamin Franklin, di cui quest'anno celebriamo il terzo centenario della nascita, in un suo libro di aforismi aveva scritto: «Tre persone possono tenere un segreto, se due di loro sono morte». Cerchiamo, allora, di imparare almeno la discrezione: «So che è un segreto - diceva uno scrittore inglese, William Congreve - perché lo sento sussurrare dappertutto». Ed eccoci poi alla seconda cosa difficile, sopportare un'offesa. Anche quando non siamo vendicativi e brutali, il filo di veleno che un'ingiuria lascia nel nostro cuore può aggrovigliarsi fino ad amareggiare la vita. È quella recriminazione che non si placa mai, quel rancore che non si scioglie, quell'odio sottile che non permette più di ritornare come prima con l'offensore. È per questo che san Paolo con molto realismo ammoniva i cristiani: «Se possibile, per quanto questo dipende da voi, vivete in pace con tutti» (Romani 12, 18). Infine, sorgente di asprezza nella vita sono le delusioni. Ad essere sinceri, dobbiamo riconoscere che ci sono almeno due tipi di frustrazioni. C'è la delusione che è sano disinganno perché abbatte illusioni eccessive, ma c'è anche la delusione che ferisce e umilia. E in quel momento bisogna ritrovare la forza per risorgere e continuare.
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