giovedì 3 marzo 2005
I filosofi hanno finora soltanto interpretato il mondo in diversi modi; ora si tratta di trasformarlo. È famosa questa frase che Karl Marx ha scritto nel suo altrettanto celebre Manifesto del partito comunista, testo che il filosofo tedesco pubblicò nel 1848 in collaborazione col collega Friedrich Engels. La frase, com'è noto, è stata tirata secondo varie direzioni e sappiamo tutti anche gli effetti catastrofici che ne seguirono. Essa, però, in sé ha un valore che merita di essere considerato ad un livello più semplice e generale. Troppo spesso, infatti, le interpretazioni prevaricano sulla realtà; basti pensare a ciò che accade nel giornalismo ove non di rado le opinioni non solo travolgono i fatti ma persino li creano o li annientano artificialmente. Ma, se vogliamo stare alla lettera della frase, dovremmo ricordare che il compito del pensatore e dello stesso credente è, certo, di capire e rispettare il mondo in cui siamo, ma è soprattutto quello di lasciarvi un'impronta, di agire in esso moralmente, di testimoniare la possibilità di un progetto diverso e più giusto. Non per nulla Cristo usa per il suo discepolo le immagini del sale, del lievito e del seme, realtà che non possono e non devono eccedere o eliminare la massa del cibo o della terra ma devono insaporirla, farla fermentare, fecondarla. In questa linea è chiaro che non basta dire bene e solennemente: «Signore, Signore!», ma è decisivo praticare le opere buone perché gli uomini vedano, siano liberati e illuminati.
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