mercoledì 21 giugno 2006
Pensate al tempo di cui ancora disponete, piuttosto che al tempo che vi manca. Eccoci, dunque, in estate ed è facile lasciarsi tentare dai modi di dire, quelli antichi e costanti («come passa in fretta il tempo!») e quelli nuovi («non ci sono più le mezze stagioni!»). Di stereotipi parlavamo appunto proprio ieri nella nostra rubrica. Non è, invece, un luogo comune la frase che ho scoperto leggendo un articolo e che oggi propongo: a scriverla è stato un medico canadese, William Osler (1849-1919), considerato come il padre della moderna medicina clinica. La considerazione è significativa soprattutto nella società contemporanea così frettolosa e frenetica: «mi manca il tempo di pregare, di parlare coi figli, di fermarmi a riflettere"» e così via. E a furia di ripetere questa dichiarazione, ci si auto-assolve da tanti impegni dovuti, forse anche allegando l'asserto che ad impossibilia nemo tenetur, cioè che l'impossibile è tale e scusa tutto. In realtà, si vede che queste stesse persone sprecano molto tempo in chiacchiere, in vanità, in lunghe soste in negozi, in code sulle autostrade, in una serie di "necessità" non necessarie imposte dallo stile di vita attuale. Ecco, allora, il monito di Osler: più che al tempo che manca, si pensi al tempo disponibile e sciupato. È paradossale, ma spesso si fanno le cose importanti in fretta e sbrigativamente, ripetendo: «Non ho tempo! Ho troppo da fare!». E poi non si sa come ammazzare tutto quel tempo che si è risparmiato. Il famoso critico d'arte Bernard Berenson (1865-1959) scriveva: «Ammazzare il tempo invece di impiegarlo come la vera sostanza della vita vissuta e non semplicemente trascorsa, è senz'altro il peccato dei peccati».
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