giovedì 9 settembre 2004
Avere sempre ragione, farsi sempre strada, calpestare tutto, non aver mai dubbi: non sono forse queste le grandi qualità con cui la stoltezza governa il mondo? Quando studiavo in Liceo, avevo tradotto da solo vari dialoghi di Platone. Ce n'era uno, però, che si doveva approfondire insieme, ed era il Critone, dedicato alle ultime parole di Socrate prima della sua condanna a morte. In quel dialogo c'era una frase che più o meno suonava così: «Volesse il cielo che gli stolti fossero capaci solo di piccoli mali! Purtroppo, invece, sono capaci anche dei più grandi». Questa amara considerazione, verificabile in ogni ambito della società, è ripresa da un'altra angolatura nella frase che ho sopra citato e che ho desunto dal romanzo Fiera delle vanità (1848) dell'inglese William M. Thackeray, basato sul contrasto tra due ex-compagne di scuola, l'arrivista e spregiudicata Becky e la virtuosa e ingenua Amelia. Quei quattro principi diabolici - avere sempre ragione, farsi sempre strada, calpestare tutto, non aver mai dubbi - coniugati con la stoltezza generano forse il successo e il potere ma devastano il mondo. Il romanziere inglese è convinto che superbia e stupidità messe insieme sono una miscela ancor più esplosiva e deleteria di ogni altra combinazione perversa. Lasciamo a ognuno le applicazioni pubbliche della frase di Thackeray; ma ciascuno in coscienza rifletta anche a tutte le volte in cui ha prevaricato, nell'arroganza e nell'ottusità, nei confronti degli altri. Nessuno, infatti, può scagliare con sicurezza la prima pietra.
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