venerdì 16 settembre 2005
I voli spaziali sono soltanto una fuga da se stessi, perché è più facile andare su Marte o sulla luna che penetrare nel proprio io.È morto nel 1961, otto anni prima che l"uomo volasse sulla Luna, ma quando i voli spaziali erano già in atto: Carl Gustav Jung, il celebre padre (con Freud) della psicanalisi, fa una considerazione fin scontata eppure mai a sufficienza praticata. L"uomo d"oggi ha l"ansia di varcare ogni confine con la sua azione e la sua conoscenza: è, questo, l"eterno desiderio della creatura umana, dotata di quell"impulso indomabile e glorioso di sapere, comprendere, conquistare. Ma c"è una deriva in agguato ed è quella dell"esteriorità: la ricerca più facile è, infatti, quella che si sviluppa nel mondo che ci circonda. Là si scoprono realtà mirabili, si vivono avventure esaltanti, si possono godere esperienze di piacere e di emozione.Lentamente ci si immerge nelle cose fino ad esserne assorbiti e si dimentica che c"è in noi stessi un "microcosmo", come già affermava Democrito di Abdera, filosofo greco del V-VI sec. a.C. Si conoscono, così, infinite cose esterne a noi e si ignora ciò che è dentro di noi. Anzi, ci si preoccupa di evitare ogni sguardo interiore, anche perché si teme di scoprirvi vuoto e miseria. Non per nulla Goethe nel Faust riprendeva così la definizione di Democrito: «L"uomo è un microcosmo di pazzia». Spesso in queste righe abbiamo invitato il lettore  a fermarsi, a creare una sorta di oasi di silenzio attorno a sé, anche per pochi minuti, e a tentare di guardare dentro quel "microcosmo" prima di ritornare al "cosmo" che ci sta attorno e che ci cattura continuamente.
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