martedì 24 dicembre 2002
Travestiti da pastori/ o scorta volontaria dei re magi/ andiamo a Betlemme cianciando/ di grazia d'amore di pace,/ comunque nascondendo/ sotto il mantello per ogni evenienza/ un kalaschnikov ben oliato. È un po' provocatorio l'augurio natalizio che affidiamo ai nostri lettori. Sono pochi versi intitolati "Natale 1987"; eppure essi valgono pienamente anche per questo Natale. A scriverli è un poeta poco noto, Giovanni Angelo Abbo (1911-1994), e sono raccolti nel volume Parole dipinte (Libreria Leoniana 1989). Drammaticamente vera per la Betlemme geografica, la scena di persone che s'avanzano proclamando parole di pace ma che, sotto il mantello, stringono vigorosamente il fucile mitragliatore, non è solo una rappresentazione di uomini politici e militari. Tutti, nel nostro piccolo, ci avvieremo stanotte verso le nostre chiese, spandendo baci e auguri di bene, di amore e di pace, ma nel fondo del cuore, sotto il mantello delle buone forme, delle belle parole e dei pii sentimenti, conserveremo ben carica l'arma dell'egoismo, dell'astio, della cattiveria contro qualche nostro fratello. Non è certo questo il Natale di Cristo. È, allora, solo con un pentimento sincero, una conversione efficace e un cuore riconciliato che potremo varcare quella soglia santa così da incontrare quel Dio che ha scelto di non essere soltanto con noi, ma di essere uno di noi. In un'altra raccolta poetica Abbo cantava: «Io so che giungeremo/ alla casa del pane [Betlemme] dove tu/ ci mostrerai la gloria del tuo volto/ e tutta sazierai la nostra fame».
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