martedì 7 novembre 2006
Se vuoi arrivare primo, corri da solo. Se vuoi camminare lontano, cammina insieme. È un missionario di passaggio in Italia a segnalarmi questo bel proverbio del Kenya. Vediamo profilarsi, nella prima parte del detto, l'immagine della nostra società, modulata sull'individualismo aggressivo e competitivo. Sgomitare, calpestare, prevaricare per correre da soli e così essere primi: è un programma a cui ci ha abituato la civiltà contemporanea, nella convinzione che questa sia la via del successo. Con questa calamita dentro, ci muoviamo con frenesia e raggiungiamo anche mete alte in breve tempo. Ma c'è la seconda parte di quel proverbio ad ammonirci di un rischio che è sempre in agguato. Raggiunto il successo, ci si accorge subito che è breve e fragile, non ci accontenta ma ci inquieta, non estingue le aspirazioni ed ecco, allora, la possibilità della crisi, dell'insoddisfazione, dello stress da potere o da ricchezza. L'importante, infatti, per la creatura umana non è primeggiare ma attuarsi in pienezza. Come dice l'aforisma keniota, non è arrivare primo ma giungere lontano, fino alla perfezione. Ed è per questo che è necessario essere insieme. Nel tempo della caduta, se hai vicino l'altro che ti vuol bene, egli ti solleva e ti sostiene. Lascio la parola al poeta francese Paul Claudel (1868-1955): «La chiave di un uomo si trova negli altri: è il contatto con il prossimo che ci illumina su noi stessi, e da questo contatto scaturisce la luce su noi stessi» (in Memorie improvvisate).
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: