sabato 7 dicembre 2019
Ho scritto qualche giorno fa sulla solitudine ("Tanto soli", 10 novembre) e un lettore commenta: «Credo che al fondo ci sia il sistema economico, che incoraggia i comportamenti produttivi e consumisti e quindi scoraggia gli altri. Trovarsi con gli amici a chiacchierare è da questo punto di vista tempo perso».
Una volta capito questo, non si tratterà di fare l'esatto contrario? Di mettere in agenda, così come si pianifica il tempo produttivo-consumistico - misurato in utilità, cose, soldi - un certo quantitativo di questo tempo "perso" in cui finalmente ritrovarsi?
So di gente che non ne è più capace. Che confonde amicizia e pubbliche relazioni. Cene che sembrano conferenze stampa o promozione commerciale. Gruppi di affinità che sembrano circoli di partito. Meglio sul divano di casa, allora, con una buona serie tv.
L'amicizia non è inutile, è dis-utile: non fa dell'utilità a breve il suo criterio. Comporta il rischio di essere contingentemente in perdita, anche se il bilancio definitivo è trionfale. Segue criteri imperscrutabili, che bypassano classi sociali e professionali, redditi, scolarità e cultura. È a basso consumo: un ceppo sul fuoco, un bicchiere di vino, la voglia di giocare, le radici, volersi un po' di bene. Qualcuno che custodisce e protegge nel suo cuore il senso della tua autenticità. È il tempo di questo, il tempo di tornare solo amici.
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