venerdì 23 marzo 2007
Il sapiente entra nella foresta ma non sconvolge l'erba, penetra nell'acqua ma non crea gorghi. C'è un serial americano di grande successo, importato anche in Italia, che s'intitola Senza traccia e presenta storie di persone sparite all'improvviso, senza appunto lasciare dietro di sé nessun indizio di reperibilità. È quello che accade nella realtà con un altro programma, il Chi l'ha visto? della nostra televisione. C'è spesso un aspetto misterioso in queste sparizioni che non sempre suppongono un delitto ma affondano nei segreti dell'animo umano. Ebbene, oggi noi abbiamo proposto un'antica massima buddhista che assegna al sapiente la capacità di passare nel mondo senza interferirvi e senza esserne infettato. È un detto che ha un doppio profilo. Quello positivo è facile da isolare: anche Gesù invitava il suo discepolo ad essere nel mondo senza essere del mondo. Il saggio non ama il clamore, non fa il piazzista della sua verità, ma la testimonia vitalmente e silenziosamente, e la sua presenza è spesso più efficace di una propaganda urlata. Imparata questa lezione, c'è però un profilo negativo che noi deduciamo un po' liberamente da quell'aforisma. Ci sono troppi uomini e donne fedeli e giusti che passano nel mondo senza lasciare un'orma perché sono troppo insignificanti. La loro spiritualità è solo intimistica, la loro fede una questione privata, il loro rispetto umano eleva barriere di autodifesa. Cristo giunge al punto di affermare che la sua venuta nella storia è come una spada che crea scompiglio e divisione. E al discepolo non chiede di essere un miele fluente ma un sale bruciante, una fiaccola ardente che svela e scuote il nascondersi degli uomini sotto il sudario delle tenebre.
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