domenica 24 luglio 2005
Si lamentavo di non avere scarpe. Passando davanti alla porta della moschea di Damasco, vidi un uomo senza gambe. Cessai di lamentarmi e di mormorare contro la cattiva sorte.Anch"io la prima volta che passai davanti alla splendida Moschea degli Omeyyadi di Damasco, nella folla variopinta della piazza, m"incontrai con la tradizionale "scorta" dei templi, fatta di gente povera e sventurata. Ricordo anche di aver pensato a questo episodio narrato da uno dei massimi poeti persiani, Sa"di (XIII sec.), del quale avevo letto quel capolavoro che è il Roseto (ed. San Paolo) e il Canzoniere. Ripropongo ora quell"aneddoto e la lezione che lo scrittore aveva voluto ricamarvi (dei suoi scritti si diceva che erano di una "facilità inaccessibile"!).Pensiamo alla litania delle nostre recriminazioni e lamentele, alle pretese che spesso i nostri giovani avanzano su banalità (scarpe alla moda, ad esempio, tanto per stare in tema); pensiamo alle false necessità che la società contemporanea ci crea attraverso la pubblicità, all"insoddisfazione ben illustrata da s. Giacomo: «Bramate e non riuscite a possedere, invidiate e non riuscite a ottenere» (4, 2). Basterebbe solo mettersi davanti a un vero sofferente, muoversi per le lande desolate del nostro pianeta ove milioni di affamati e assetati trascinano una vita di stenti, entrare in un ospedale o in un ricovero per anziani: tante esigenze e proteste troverebbero la loro soluzione, scomparirebbero tanti malanni esasperati ad arte, cesserebbero lamenti vani ed egoistici, cadrebbero le pretese incontentabili.
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