venerdì 20 maggio 2011
La vita dell'uomo ha quattro tappe. La prima è quella dell'imparare, quando si è formati dai maestri. La seconda è quella dell'insegnamento in cui si condivide ciò che si è appreso con gli altri. La terza fase è quella del bosco, nel quale ci si ritira per ritrovare se stessi ed energie nuove. Infine, la quarta tappa è l'essere mendicanti, tendendo la mano agli altri perché ti sorreggano nella malattia e nella vecchiaia.

Imparare, insegnare, meditare, mendicare: ecco le quattro tappe della vita abbozzate dal testo indiano che ho riassunto per i miei lettori. Anche nell'arte, si hanno rappresentazioni delle varie fasi dell'esistenza umana, dalla nascita alla morte; ma ci si accontenta di inseguirne la parabola crono-fisiologica, dalla freschezza vitale delle origini al disfacimento terminale. Qui, invece, è di scena la trama interiore e ciascuno di noi può interrogarsi sul livello in cui ora si trova e soprattutto se sta correttamente seguendo la traiettoria, ricordando però che le tappe possono intrecciarsi tra loro.
C'è innanzitutto il tempo del discepolato, della ricerca, dell'apprendimento umile e paziente. È solo così che si passa alla seconda tappa divenendo maestri, testimoni, padri e madri. Ma non si può vivere sempre esposti e solo donando. È necessaria la ricarica, una sorta di rifornimento dell'anima, una reimmissione dell'acqua nella diga dello spirito, per usare un'espressione di Alberto Moravia proprio riguardo alla meditazione, alla riflessione, al silenzio. È questo il tempo del bosco, cioè della solitudine intima e profonda. Alla fine, giunge la vecchiaia o la malattia e, allora, con umiltà si deve stendere la mano come mendicanti per essere aiutati e sostenuti. Anche questa, però, è una stagione importante di quell'avventura unica che è la vita.
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