domenica 29 agosto 2004
Gli errori, come pagliuzze, galleggiano sulla superficie; chi cerca perle deve tuffarsi nel profondo. Talvolta i lettori mi stupiscono coi loro scritti e suggerimenti: io avevo solo una vaga idea dell'esistenza di un poeta inglese di nome John Dryden (1631-1700), ma un lettore di Siracusa mi invia ben tre citazioni di questo scrittore. Ne scelgo una, tratta dal
dramma Tutto per amore (1678). Essa, forse, è rappresentata simbolicamente davanti agli occhi da chi si gode oggi l'ultima domenica di vacanza, attraverso l'immagine dei pescatori subacquei. L'idea è chiara e non merita tante annotazioni. Purtroppo, però, è ben più facile raccogliere pagliuzze che perle e la biografia di ciascuno è la conferma di questa considerazione ovvia. Vorrei, invece, fissare l'attenzione proprio sulla perla che si conquista a fatica. Ciò che ai nostri giorni viene sempre meno è appunto l'impegno arduo e costante per evitare gli sbagli.
Ci si lascia andare un po' inconsciamente alla deriva, convinti che gli errori non sono poi tanto importanti. Così, alla fine, le pagliuzze oscurano la dignità della persona. L'onestà, invece, è faticosa, è conquista ottenuta con esercizio, andando contro le leggi dell'abitudine e del "così fan tutti", proprio come il pescatore di perle deve andar contro le leggi della gravità per ottenere il suo tesoro. Il primo livello di questa educazione della coscienza lo ricordava Gandhi: «È bene confessare i propri errori perché ci si ritrova più forti». Ma, poi, c'è un lungo esercizio di conquista della virtù, di dominio di sé, di formazione dell'anima. Solo così, alla fine, si scopre la gioia della giustizia
e della verità.
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