venerdì 19 luglio 2002
  L'  ottimista proclama che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Il pessimista teme che possa essere vero.Devo lo spunto per la riflessione di oggi a un cultore di letteratura inglese che mi ha fatto conoscere Lo stallone d"argento, uno dei 18 romanzi che lo scrittore americano James Branch Cabell (1879-1958) ha tutti  ambientati in un mitico Medioevo europeo come una continua saga della stessa famiglia. Ottimisti e pessimisti sono un po" come gli estremi di uno spettro cromatico: c"è chi vede sempre tutta la realtà sotto colori accesi e affascinanti e vola nell"illusione e c"è chi scopre sempre l"oscuro delle cose e piomba nell"inerzia o, peggio, nella disperazione.Alcuni anni fa avevo proposto come base di meditazione questa considerazione dello scrittore cattolico inglese Chesterton: «Non possiamo passare sotto silenzio la definizione misteriosa ma suggestiva data, pare, da una bambina: un ottimista è un uomo che vi guarda gli occhi, un pessimista un uomo che vi guarda i piedi». Si tratta, allora, di operare una correzione di tiro o, meglio, di equilibrio da raggiungere: dagli occhi passare ai piedi e viceversa, così da avere un insieme più coerente della persona. Come si corregge la vista fisica con le lenti, così si dovrebbe ridurre la miopia pessimistica e la presbiopia ottimistica. Anche nei nostri giorni, spesso deprecati, ci sono tante ragioni per essere fiduciosi, ma ci sono altrettanti motivi per essere sempre vigili e preoccupati.
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