Oswald Spengler e la tecnica Che è dovunque
venerdì 21 ottobre 2016
Di Oswald Spengler, autore di un classico del pensiero della crisi europea come Il tramonto dell'Occidente, uscito nel 1923 in concomitanza con La terra desolata di Eliot, l'Ulisse di Joyce, Storia e coscienza di classe di Lukács, compare ora una breve raccolta di riflessioni su L'uomo e la tecnica (Aragno) di qualche anno successive alla sua opera più famosa. Il curatore Giuseppe Raciti sottolinea nella sua interessante introduzione che Spengler in questa tematica anticipò sia Jünger e Heidegger che Walter Benjamin: nel 1931 con queste riflessioni apriva un decennio, quello dei totalitarismi di destra e di sinistra, in cui l'espansione della tecnica e il culto dell'organizzazione mostravano tutta la loro capacità di dominio mettendosi al servizio di poteri sociali e politici antiumani nel governare sia la vita quotidiana che la produzione industriale. Tempi moderni di Chaplin è del 1936 e mostra in forma solo apparentemente comica la dissociazione psicofisica dell'umano alla catena di montaggio. Rispetto ad altre teorizzazioni sulla tecnica, quella di Spengler presenta una notevole originalità. Evitando il dualismo che vede da una parte l'esistenza nella sua pura autenticità e dall'altra la tecnica come protesi strumentale, Spengler afferma che la tecnica è coessenziale all'esistenza e all'evoluzione del genere umano. Il problema si manifestò con urgenza solo all'inizio dell'Ottocento, dopo Napoleone, le ferrovie, le città industriali, la navigazione a vapore. Ma in un senso più generale e preciso, per Spengler la tecnica non è separabile dalla cultura poiché tecnica è tutto: politica, produzione, arte, economia, scienza. In questo si sbagliavano sia gli umanisti idealisti, da Goethe a Burckhardt, per i quali cultura era solo arte e studio, sia gli utilitaristi inglesi come Bentham, Stuart Mill e Spencer, che mettevano l'utile al posto dell'anima. Mentre i primi rifiutavano la macchina, per i secondi la sola meta dell'umanità consisteva «nel togliere all'individuo la maggior parte possibile di lavoro per trasferirla alla macchina [...]. Si annunciava l'eguaglianza nei divertimenti, nel benessere e nel godimento estetico: il panem et circenses delle città mondiali». Questo “triviale ottimismo” progressista, se realizzato, dice Spengler, porterebbe l'umanità al massacro e al suicidio. L'essere umano, spiega, è stato un animale predatore fin dalle origini e usa ancora la tecnica per padroneggiare e dominare, per «attaccare, uccidere e distruggere». Ma l'essere umano è anche il solo che può rendere la tecnica cosciente e volontaria, personale e inventiva, cosa preclusa agli altri predatori.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: