Opere d'arte incorniciate di malinconia nelle visioni di Elisabetta Rasy
sabato 23 giugno 2012
  
   In un magnifico piccolo libro, otto saggi concentratissimi, Figure della malinconia (Skira), Elisabetta Rasy fa nello stesso tempo critica d’arte, saggistica e narrativa come raramente accade. Le sue doti di narratrice le conosce bene chi ha letto Posillipo
(1997), La scienza degli addii (2005), L’estranea (2007). Una serie di suoi saggi letterati sono stati più recentemente raccolti in Memorie di una lettrice notturna.Con questo volumetto sulle arti visive, sulla malinconia, sui misteri della visione e sulla modernità non siamo tuttavia in una zona periferica della sua scrittura letteraria. Me ne accorsi subito leggendo sulle pagine del "Foglio" il primo di questi saggi. Non saprei dire con esattezza dove sia il centro, se c’è, nell’opera di questa scrittrice. Ma non resisto alla tentazione di dire che deve essere cercato qui, anche qui, tra visione e malinconia, tra la luce e il buio, la luce e la visione nelle loro perturbanti variazioni sensoriali e simboliche. Che cosa c’è di più malinconico di questo incontro fra lo sguardo umano  e i modi in cui il mondo appare rivelandosi e sottraendosi? A proposito di William Turner: «Questa luce così trionfante nelle sue opere, che è forse in principio un’emanazione divina, diventando luce dello sguardo, ritraendo il presente, si trasforma in una luce terrena, cioè mutevole, oscillante, pronta a cogliere la fugacità e la transitorietà del mondo».Ognuno di questi saggi è un labirinto, un’incantata peripezia tra fisicità e mente, tra la storia sociale e il suo manifestarsi nei corpi, nelle forme, nei luoghi. Più che di una dialettica, si tratta di oscillazioni. Nel mondo e in noi tutto oscilla in una miriade di variazioni fisiche, atmosferiche, mentali. Si parla di Goya e degli impressionisti, di illuminazione urbana e di paesaggio italiano, di  vanitas e di illuminismo, di gatti dipinti, di rovine, di pathos risorgimentale, di Edward Hopper, di oggetti caduti a terra. Malinconica è anche la gioia di chi vive e guarda.
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