venerdì 25 ottobre 2019
Su una testata online leggo la cronaca dell'ennesimo femminicidio: Charlotte Yapi Akassi, ragazza di origine ivoriana uccisa dal suo compagno Carmelo Fiore a Pozzo D'Adda, nella Bergamasca. Solito delitto annunciato: una denuncia di lei poi ritirata, le liti continue. Lui la strangola e poi chiama l'ex-moglie (la mamma?) per dirle che sta per uccidersi. Non si ucciderà. Alla pm dirà che Charlotte l'aveva "deriso". Il resoconto si chiude così: «Ora i carabinieri stanno cercando di scavare nella vita della ragazza per cercare di capire le dinamiche che hanno portato l'uomo a spezzarle la vita». Tradotto: per scoprire per quali colpe è stata giustiziata.
Lo tradiva? Non voleva fare l'amore? Non gli cucinava le polpette? Non si scava nella vita di lui, si fruga in quella di lei. Unica fattispecie di reato in cui le eventuali "colpe" ricadono sulla vittima. Anche nella vita di lui in realtà ci sarebbe ben poco da scavare. Le ragioni per cui un uomo uccide una donna sono sempre quelle. Niente a che vedere con l'amore, per amore si può morire, non uccidere.
Lui l'ha ammazzata perché lei si è ribellata al suo dominio. Perché non ha accettato di essere una cosa nelle sue mani. E così facendo ha leso il suo onore. Tutto qui.
Si dovrebbe tornare a parlare di delitti d'onore, come si faceva una volta. Sarebbe tutto molto più chiaro e meno ipocrita.
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