mercoledì 15 giugno 2005
Quando avevo la tua età, ogni minuto perso mi sembrava una specie di disgrazia o di delitto, e cercavo di colmare tutto il tempo" Ogni giorno mi davo un voto per il lavoro effettuato con la motivazione di tale voto. Proprio in questo modo ho acquistato un bagaglio di cognizioni, l'abitudine al lavoro e soprattutto l'uso di giudicare le cose in modo autonomo.
Così scriveva dal confino nel 1936 al figlio Michail il teologo, letterato e scienziato russo Pavel Florenskij perseguitato da Stalin che lo eliminerà in un lager nel 1943 (dal libro Non dimenticatemi. Lettere alla moglie e ai figli, Mondadori 2000). La rappresentazione di una giovinezza così operosa è significativa e può sembrare "passatista" ai nostri giorni nei quali l'immagine della gioventù è piuttosto quella del branco che si trascina per strada, s'accampa per ore su un muretto, s'intontisce in una discoteca fino a notte fonda.In realtà, si deve dire che esistono tanti giovani che s'impegnano senza tregua, coniugando studio, lavoro e volontariato. Ma il monito di Florenskij ha tutto il suo valore per giovani, adulti e anziani perché in agguato c'è sempre la tentazione dell'inerzia, grande dissipatrice di energie. È, allora, necessario far rinascere il senso di colpa per il tempo perduto, alimentando la vigilanza e l'impegno, la ricerca e la curiosità. Questo comporta certamente il dovere sociale di assicurare un lavoro ai giovani, di far fiorire in loro il desiderio di sapere e di operare. Ma significa soprattutto un'educazione dell'anima, una disciplina della volontà, una tensione autentica verso una meta. Scriveva un altro perseguitato e vittima (in questo caso di Hitler), il teologo Dietrich Bonhoeffer: «Nessuno apprende il segreto della libertà, se non attraverso la disciplina».
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