domenica 3 agosto 2003
L'oblio non è una difesa, è precursore della morte. Bisogna ricordare la verità del passato per poter vivere.
Un vecchio e una bambina, i due estremi della vita, davanti a uno zoo un po' spelacchiato: ora stanno in silenzio, ora si raccontano parabole trasognate, sotto lo sguardo tra l'incuriosito e il sospettoso dei guardiani. È questo il cuore di un breve ma intenso romanzo del più noto scrittore norvegese, Finn Carling, tradotto da Iperborea. Da questo libro ho estratto una frase essenziale nella sua nudità e verità. Essa ha per tema il ricordo. «Siamo nati per ricordare», aveva scritto un altro romanziere, il tedesco Heinrich Böll. Eppure viviamo in un'epoca di smemoratezza. Abbiamo perso le nostre radici e assomigliamo a quei rampicanti che sono saliti tanto in alto lungo la parete, ma stanno appassendo perché è stata tranciata la loro base. Sì, "l'oblio è precursore della morte", del vuoto, dell'inconsistenza, dell'attesa vana. C'è, però, un aspetto particolare, di altro genere, che vorrei sottolineare. Perdere i valori "distillati" attraverso i secoli nella frenesia della novità accade anche perché non siamo capaci di sostare a pensare, a studiare, a rievocare, a riportare al cuore ("ricordare" significa appunto questo!) ciò che a suo tempo ci è stato offerto, insegnato, spiegato. La pausa delle vacanze dovrebbe permetterci di ritrovare idee, temi, verità, insegnamenti che la melassa della banalità televisiva e della chiacchiera ha soffocato o impastoiato. Alcune letture o riflessioni o dialoghi potrebbero riportarci bellezza e luce, autenticità e sostanza, purezza e profondità.
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