domenica 2 ottobre 2011
Non sono importanti luci e lampade, né luna e sole. Ciò che è necessario è avere occhi puri e aperti, capaci di vedere la gloria di Dio.

Neanche la Gerusalemme nuova e celeste dovrà ricorrere a luci naturali o artificiali: «La città non ha bisogno della luce del sole — si legge nell'Apocalisse (21,23) — né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello». Certamente, aveva nel cuore queste parole del grande Veggente la scrittrice svedese Selma Lagerlöf, Nobel 1909, morta nel 1940, quando dipingeva la visione propria della fede. Ricordo di aver conosciuto questa autrice da ragazzino alle elementari, leggendo in un libro scolastico un suo racconto che attingeva forse alle saghe delle sua terra. Poi, per merito dell'editrice milanese Iperborea, conobbi altri suoi testi più impegnativi come, ad esempio, L'imperatore di Portugallia, e rimasi sempre conquistato dalla sua abilità nel fondere realismo e leggenda, quotidiano e fantastico, verità psicologica e stupore cosmico.
Alle parole citate ci affidiamo in questa domenica autunnale, mentre la luce si fa più delicata e meno aggressiva di quella estiva, per suggerire un'avventura dello spirito. È l'invito a chiudere gli occhi al chiarore esterno per ritrovare un altro fulgore, quello dell'anima. Sappiamo che il grande Goethe ha comparato il nostro spirito all'acqua e al vento: «Anima dell'uomo, come sei simile all'acqua! Destino dell'uomo, come sei simile al vento!». Ma si dice che, alle soglie della morte, avesse invocato: Mehr Licht!, «Più luce!». E, forse equivocando, quelli che lo assistevano gli spalancarono la seconda finestra della stanza. In realtà, quando si sta in silenzio per vivere un evento importante della vita, è necessario scoprire la luce interiore che è un riflesso di quella divina: «Dio è luce e in lui non v'è tenebra alcuna… Veniva nel mondo la luce vera» (1 Giovanni, 1,5; Giovanni 1,9).
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