martedì 1 dicembre 2020
Il discepolato è un cammino di alti e bassi, non è una linea retta. Ci sono momenti in cui si vacilla, sentieri nel deserto da seguire, tante occasioni di sofferenza e di dubbio, istanti numerosi di incertezza, vuoto, solitudine. La sequela di Gesù si dà nella complessità incarnata della storia, che ci mette a dura prova. Dobbiamo accettare l'esistenza, anche per quanto riguarda la fede, di stagioni differenti in noi: coniugheremo primavere e inverni interiori, trasparenze e opacità, folgorazioni e spazi vuoti, tempi di consolazione e tempi di desolazione. Dobbiamo accettare di correre alla cieca fino al sepolcro deserto, come Pietro e Giovanni, e di cadere a terra, come Paolo sulla via di Damasco. Dobbiamo accettare di rimanere e aspettare, provando inizi e nuovi inizi tutte le volte che sarà necessario. È importante accettare questo con semplicità, imparando che la nostra fedeltà non è garantita da noi stessi bensì dall'immensità dell'amore che Dio ha per noi. La cosa più importante è abbandonarsi, atteggiamento che è la forma più intensa di cui la fiducia si riveste. Ricordo la preghiera di Charles de Foucauld: «Padre mio, / io mi abbandono a te, / fa' di me ciò che ti piace. / Qualunque cosa tu faccia di me, / ti ringrazio. / Sono pronto a tutto, accetto tutto, / purché la tua volontà si compia in me / e in tutte le tue creature. / Non desidero niente altro, mio Dio».
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