giovedì 6 giugno 2019
Qualunque sia la nostra età o stagione che ci troviamo a vivere, la verità è che noi siamo, fino alla fine, qualcosa che è ancora al principio, la verità è che noi abitiamo unicamente degli inizi. Niente di più. Non vediamo nient'altro, finché siamo qui. La nostra stirpe è dunque quella dei neonati. Una delle più belle frasi che io conosca appartiene a una pagina biblica, la Prima Lettera di Pietro. Dice: «Come bambini appena nati, desiderate» (1Pt 2,2). Noi siamo, anche con decine, anche con centinaia di anni sulle spalle, «bambini appena nati». E alla misteriosa fragilità dei neonati dobbiamo più di quanto non crediamo. La nascita deve essere riconosciuta come struttura fondante della vita, sua inamovibile architettura primaria, e non soltanto come una delle sue forme occasionali, accidentali e possibili. Quanta sapienza in quei versi di Lao Tse: «L'uomo, quando entra nella vita, è molle e fragile; quando muore, è rigido e duro. Perciò si dice: il rigido e il duro è da principio messaggero della morte; il molle e il fragile appartiene alla vita». Mi piace pensare che il verbo nascere è un verbo incessante, che fa di noi dei credibili messaggeri della vita. La vita è flusso, meravigliosa circolazione, successione sempre aperta. Le persone felici sono quelle che considerano tutto l'arco della loro vita come un processo di nascita.
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