domenica 15 luglio 2007
Acquisto un biglietto di una lotteria il cui primo premio si riduce a questo: essere letto nel 1935!
Questa frase risulta incomprensibile se non si spiega che chi la scrive è il famoso romanziere francese Stendhal, mentre un secolo prima del 1935 (nel 1835-36) sta componendo la sua autobiografia (Vita di Henry Brulard). Proviamo, allora, anche noi a fare questo stesso esercizio: cosa sarà di noi, del nostro lavoro, dell'eredità, della nostra casa e così via nel 2107? Forse anche la lapide del cimitero ove riposeranno le nostre spoglie sarà coperta di polvere e scrostata. Non è per fare il menagramo che, in una domenica di sole com'è oggi, io ho voluto proporre uno sguardo sul futuro. È solo un sano esercizio di realismo che, certo, non deve diventare dominante perché altrimenti condurrebbe all'indifferenza o allo scoraggiamento, ma che non deve essere del tutto esorcizzato.
Il poeta greco del V sec. a.C. Pindaro nelle sue Olimpiche affermava che «i giorni ancora di là da venire sono i testimoni più saggi». Sì, perché alla fine fanno sopravvivere le memorie più vere: quanti uomini e donne di fama televisiva di oggi saranno tra non molto (non c'è bisogno di un secolo) del tutto dissolti nell'oblio. Ecco perché Cristo insisteva sull'acquisire tesori che sfidano la ruggine e il tarlo ma che sono registrati nel libro della vita di Dio e si chiamano bene, amore, verità. Anche se nella memoria umana si estinguono, essi rimangono nel cuore di Dio. Rimane, comunque, necessaria sempre la meditazione sul nostro limite e sulla nostra caducità: «In tutte le tue opere ricordati della tua fine e non cadrai mai nel peccato», ammoniva il biblico Siracide (7, 36).
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