Ne «Le stagioni» l'anziano Haydn canta il tempo e l'attesa dell'eterno
domenica 17 maggio 2009
Confidandosi con il suo biografo Giuseppe Carpani e parlando delle differenti connotazioni che caratterizzano gli oratori La creazione e Le stagioni, Franz Joseph Haydn (1732-1809) affermò con una punta d'ironia: «Nel primo lavoro i protagonisti sono angeli, nell'altro contadini"». Differenza sostanziale per quanto riguarda l'impianto narrativo e formale, ma non così decisiva se si dovesse considerare la trama di fondo con cui il compositore ha intrecciato idealmente tra loro queste due monumentali pagine sacre che, concepite in età ormai avanzata, rappresentano un inno di lode e ringraziamento per il dono straordinario della vita e per la presenza di Dio in ogni angolo del creato.
È su questo terreno che Nikolaus Harnoncourt ha giocato la propria sfida interpretativa nella pregevole incisione discografica delle Stagioni realizzata in compagnia del Concentus Musicus Wien e dell'Arnold Schönberg Chor (2 cd pubblicati da Deutsche Harmonia Mundi e distribuiti da Sony-Bmg), assecondando ogni sfumatura di questo capolavoro attraverso una lettura di grande spessore, quasi epica, che acquista il valore di una vera e propria celebrazione del tempo: quello che determina il susseguirsi ritmico dei cicli della natura e quello umano, scandito dallo scorrere degli anni, ma soprattutto quello assoluto, tenuto saldamente nelle mani del Creatore secondo i disegni della Sua imperscrutabile volontà.
I diversi quadri delle stagioni si succedono così tra semine e raccolti, pomeriggi bruciati dal sole e lunghe notti tormentate da bufere di neve, disvelando progressivamente il significato simbolico e autobiografico dell'intera partitura, che culmina nella struggente aria "invernale" Erblicke hier, betörter Mensch («Osserva qui, uomo insensato»), a cui Haydn affida la riflessione lucida e disincantata di un uomo che, alla vigilia del suo settantesimo compleanno, ripercorre le tappe della propria esistenza e attende con pace e serenità l'estremo appuntamento: «La tua breve primavera è sfiorita, svanita è la forza della tua estate. Già vien meno l'autunno della tua età; già s'avvicina il livido inverno e ti mostra la tomba aperta. Dove sono ora i giorni del piacere, trascorsi fra voluttà? Sono scomparsi come un sogno. Resta soltanto la virtù».
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