domenica 29 aprile 2007
L' invidia dello stupido per l"uomo intelligente trova sempre qualche consolazione nell"idea che l"uomo intelligente farà una brutta fine.Ieri parlavo di un vizio capitale, la gola. Oggi ne presento un altro, l"invidia, che ha come sorella la gelosia. Aveva ragione Alberto Moravia quando diceva che «l"invidia è come una palla di gomma che più spingi sotto e più ti torna a galla». Indizio di meschinità e di impotenza, è una malattia dell"anima che colpisce per primo chi la coltiva, più ancora della sua vittima. Essa, infatti, non dà requie, ti morde il cuore, ti fa perdere il sonno e l"appetito, ti rode il fegato e ti costringe talora ad atti infami, umiliando la tua dignità. È ciò che suggerisce anche la battuta che ho oggi proposto, a prima vista divertente. Me l"ha indicata un amico, desumendola dal romanzo Zuleika Dobson (1911) dello scrittore inglese Max Beerbohm, vissuto a lungo a Rapallo, ove morirà nel 1956.C"è sempre un po" di stupidità nell"invidioso, soprattutto quando sogna di veder morto il suo ideale avversario o quando attende che compia un passo falso per vederlo precipitare da quel piedistallo che egli non può raggiungere. La delusione è sempre in agguato e il peccato contro la carità si aggiunge a una maledizione che sembra attanagliare l"invidioso al cuore. Non per nulla il grande Cervantes nel Don Chisciotte chiamava l"invidia «un verme roditore, radice di mali infiniti». E la vittima dell"invidia? Spesso non ne è neppure a conoscenza e prosegue il suo cammino in modo sereno; ma, quando ne ha notizia, può anche lui peccare di superbia o di cattiveria. L"invidia è, quindi, un impalpabile ma efficace veleno il cui antidoto è nell"umiltà, nella generosità, nella semplicità di spirito.
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