sabato 30 ottobre 2004
Lo sport è figlio della democrazia, ma contribuisce per proprio conto all"istupidimento della famiglia.Non interessandomi di sport, sarei l"ultimo a dover intervenire su questo tema. Tuttavia è indubbio che il fenomeno sportivo ha ormai una posizione di rilievo nella società, nell"economia e nello stile di vita e che, quindi, dev"essere oggetto di attenzione e di analisi da parte di tutti. Certo, Karl Kraus - feroce scrittore austriaco nato in Boemia da famiglia ebrea nel 1874 e morto a Vienna nel 1936 - in uno degli aforismi dei suoi Detti e contraddetti va giù pesante. Ma tocca due elementi significativi. È vero che lo sport come interesse e pratica di massa nasce dalla democrazia. Nelle dittature la pratica sportiva o è elitaria e selezionata per ottenere prestigio internazionale oppure è imposta come una sorta di lezione obbligatoria (magari con gli esercizi ginnici comunitari nei parchi al mattino).È, però, altrettanto vero che la democrazia con la sua libertà introduce elementi incontrollabili: pensiamo solo al business legato a uno sport particolare come è il calcio, allo scandalo degli stipendi dei calciatori, al doping, al sistema pubblicitario che si crea attorno all"attività agonistica, agli eccessi delle tifoserie. Basti solo vedere in televisione certe reazioni brutali della folla, sentirne le battute o i motti per condividere l"idea di Kraus. Lo sport così idolatrato genera stupidità e spesso colpisce la famiglia che talora non ha altra materia di dialogo se non le partite e l"unico interesse comune è quello schermo acceso con la solita partita.
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