mercoledì 21 maggio 2003
Leggero si spande un soffio di pace/ ed un tremito fioco dalla sponda/ di solitudine calma e d'immenso./ Tutto riposa cullato dal vento/ dormon le stelle posate sull'acqua/ io solo nel dolce silenzio penso. Un uomo solitario contempla dal litorale la distesa del mare: da lontano, lungo la sponda, si intravede un tremito di luce, forse quella di un faro o di una casa remota. Le stelle sembrano danzare sulle onde che le riflettono. E in quel silenzio calmo e immenso nella mente dell'uomo ferve il pensiero. Abbiamo voluto ricostruire le sensazioni, per altro molto trasparenti, dei versi che abbiamo citato. Appartengono a un'esile raccolta di poesie che lo scrittore Sergio Quinzio (1927-1996), noto per i suoi saggi biblici e teologici, compose tra il 1943 e il 1947 e che ora Giorgio Calcagno ha edito col titolo La croce e il mare (Aragno), accompagnandole con due suoi bei saggi. Abbiamo proposto quest'oasi poetica mentre la primavera procede a grandi passi. Ormai chi bada più al fluire delle stagioni? Chi mai s'accorge del lento sbocciare dei germogli sugli alberi? Abbiamo troppe cose "artificiali", costruite con le nostre mani, a occuparci l'orizzonte e, così, abbiamo perso il gusto della natura, il sapore delle realtà semplici, il respiro del vento, la voce delle onde, l'epifania dei colori. Certo, ci può essere anche un modo retorico per sentire e ammirare il creato: la pessima poesia è fatta di rose con rugiada, di crepuscoli ardenti, di albe inquiete e di fronde tremule. Tuttavia ora ci siamo ridotti ad essere così aridi e smaliziati da calpestare il mondo con l'indifferenza di un bulldozer e abbiamo perso la dote dello stupore che genera la vera poesia e il pensiero.
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