domenica 13 febbraio 2011
Solo chi ha raggiunto una piena identità con se stesso non ha più paura della paura. Il traguardo estremo di ogni fatica umana è vivere la propria vita.

«Conosci te stesso», era scritto sul tempio di Delfi. Un monito apparentemente semplice, e invece arduo da praticare. Ma è solo per questa via che ci si libera dalle paure e dalle insicurezze. Altrettanto semplice eppure difficile da attuare è anche il monito a vivere la propria vita in pienezza. Entrambe le considerazioni sono offerte dal regista tedesco Rainer W. Fassbinder nel suo saggio I film liberano la testa. Molti, infatti, si accontentano di vivere in superficie, quasi galleggiando, ed è per questo che possono essere travolti da ogni increspatura del mare dell'esistenza o afferrati dagli incubi che si parano a ogni angolo della storia. Ma il vero problema è proprio quello di scendere in profondità.
Lo scrittore francese Julien Green (1900-1998) osservava che «il più grande esploratore non compie viaggi così lunghi come chi discende nel profondo del proprio cuore». E uno dei padri della psicanalisi, Carl Gustav Jung (1875-1961), era convinto che fosse «più facile andare su Marte che penetrare nel proprio io». Spesso si cerca di evitare una simile esplorazione perché essa può riservare sorprese amare ed è anche per questo che corriamo fuori da noi stessi, distraendoci nel rumore e riempiendoci di cose. «Come è insondabile il cuore dell'uomo " esclamava Pascal nei suoi Pensieri (n. 143) " e come è pieno di sporcizia!». Eppure è solo attraverso questa discesa nelle profondità dell'io che ci si può liberare dalle catene e dalle paure. «Dal profondo a te grido, Signore!», invoca il salmista e dall'alto scende una voce e si stende una mano sicura.
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