domenica 3 settembre 2006
Un grande ostacolo alla felicità è di aspettarsi una felicità troppo grande. Non può far nulla per la felicità altrui chi non sa essere felice egli stesso. Consapevoli che essere felici è una situazione esistenziale non propriamente comune, abbiamo proposto di rado questo tema che pure batte nel cuore di tutti. Lo spunto per parlarne mi viene offerto da un vecchio volumetto tedesco che ritrovo tra i miei libri: è una raccolta di massime e detti proprio sulla felicità che - come scriveva il romanziere russo Turgeniev - è «simile alla salute: te ne accorgi solo quando non c'è». Ma ritorniamo alle due frasi che sopra ho tradotto e proposto. La prima, sacrosanta, è del francese Bernard de Fontanelle, morto centenario nel 1757. È vero, tante volte non riusciamo ad essere felici perché ignoriamo o disprezziamo le piccole gioie quotidiane che pure la vita ci riserva. Si vorrebbe, infatti, avere sempre di più, nella convinzione che è solo quando si arriva all'apice del successo che sboccia la vera felicità. In realtà, la beatitudine somma è trascendente e va oltre il tempo e il nostro limite ed è, perciò, possibile solo nell'eternità. Sono, invece, i dolci e modesti fremiti di serenità a darci pace e a sostenere le nostre giornate, senza la tensione che crea la felicità strepitosa e spesso simile a una meteora. Se si riesce a delibare pacatamente queste piccole gioie, allora diventa vera al positivo la seconda frase, che è di un altro scrittore francese, André Gide (1869-1951). Solo se tu sei sereno e pacificato con te stesso, riesci a irradiare anche negli altri la luce della gioia, la letizia dell'anima, la festa della vita.
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